Roma – Ingegnerizzare e riprogrammare una proteina per fare in modo che riesca a contrastare gli aggregati proteici potrebbe rappresentare un approccio innovativo ed efficace per sviluppare una serie di trattamenti contro numerose condizioni cliniche, come l’Alzheimer e il Parkinson. A compiere un passo significativo in questa direzione sono stati gli scienziati dell’MRC Laboratory of Molecular Biology di Cambridge in collaborazione con il Dementia Research Institute, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Cell, dove spiegano e mostrano i risultati del proprio lavoro. A commentare con 30science le implicazioni di questi risultati potenzialmente rivoluzionari, il ricercatore italiano Guido Papa, co-primo autore del paper insieme a Lauren Miller, riporta:
“Qui, a Cambridge, studiamo da anni la proteina TRIM21, nota per le sue capacità di combattere le infezioni virali. Una volta compresi i meccanismi con cui agisce, l’abbiamo riprogrammata per attaccare diverse proteine che aggregano all’interno della cellula”.
“La strategia che può essere paragonata al noto ‘cavallo di Troia’ – aggiunge l’autore – consiste nell’ingegnierizzare la proteina che forma l’aggregato fondendola con un componente di TRIM21 (chiamato RING). Questo approccio sfrutta le capacità della proteina stessa nel raggiungere gli aggregati proteici e la conseguente degradazione di tutto l’aggregato mediante l’attivazione di RING. Nel nostro lavoro ci siamo concentrati sugli aggregati della proteina Tau, associati alla neurodegenerazione da malattia di Alzheimer, ma questo approccio è potenzialmente molto versatile”.
Gli ammassi di Tau, spiega ancora Papa, costituiscono dei veri e propri rifiuti all’interno delle cellule cerebrali umane, che vanno a causare la loro morte, compromettendo l’attività neuronale e favorendo la progressione della malattia di Alzheimer. Nell’ambito delle prime sperimentazioni, il gruppo di ricerca ha valutato l’efficacia del trattamento in colture cellulari e in un modello murino. I risultati, riportano gli scienziati, sono stati molto incoraggianti.
“Abbiamo osservato una riduzione significativa degli aggregati di tau – sottolinea Papa – ma anche un notevole miglioramento delle capacità motorie, il che evidenzia il beneficio reale sulla salute degli animali. Questa tecnologia si è dimostrata pertanto davvero promettente”. “Il nostro lavoro rappresenta un primo passo nel lungo percorso che potrebbe portare allo sviluppo di una terapia per le malattie neurodegenerative – conclude – ovviamente abbiamo ancora molta strada da compiere prima di poter tradurre questa tecnologia in un possibile farmaco. Siamo, però, molto fiduciosi, anche perché il nostro approccio potrebbe essere rimodellato per contrastare tutti gli aggregati proteici. Potremmo, infatti, essere in grado di sviluppare trattamenti specifici contro varie condizioni che fanno dell’accumulo di aggregati proteici la loro caratteristica principale. È davvero entusiasmante”. (30Science.com)
Nuova terapia distrugge i grovigli tau, implicazioni su cura Alzheimer