Roma – Milioni di donne che lavorano nel settore della pesca stanno venendo lasciate indietro a fronte dello sviluppo di nuove tecnologie per questo mercato. E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’ Università dell’East Anglia (UEA) e pubblicato su Nature Food. La Prof. ssa Nitya Rao, professoressa di genere e sviluppo UEA e direttrice del Norwich Institute for Sustainable Development, è l’autrice principale. Ha affermato: “Dato il gran numero di persone, in particolare donne, impegnate in attività post-raccolta a livello globale, questa revisione ha cercato di comprendere meglio in che modo la tecnologia di lavorazione e il cambiamento tecnico hanno avuto un impatto su coloro che sono impegnati in questo settore e in che modo lavoro, risorse, potere e processo decisionale sono influenzati e cambiano in questo processo. Nel contesto del cambiamento climatico e di altre pressioni economiche, stiamo assistendo a un rapido sviluppo di tecnologie post-raccolto per migliorare la produttività e l’efficienza, ridurre le perdite e gli sprechi e garantire la qualità. Tuttavia, senza affrontare le dimensioni di giustizia sociale di questi cambiamenti, c’è il rischio che ciò possa esacerbare disuguaglianze preesistenti e persistenti”. Le donne sono svantaggiate sia nelle tecnologie tradizionali che in quelle migliorate, soprattutto per quanto riguarda il controllo sulle risorse. Le donne spesso non sono in grado di accedere ai benefici della protezione sociale, tra cui salari minimi, assicurazione sanitaria, alloggio e trasporti, a causa della loro concentrazione ai livelli più bassi della gerarchia del lavoro. Con l’espansione delle imprese e l’adozione di tecnologie che richiedono un impiego di capitale maggiore, le donne segnalano spesso una minore capacità di azione e risultati inferiori in termini di equità a causa di una combinazione di vincoli di risorse, caratteristiche individuali quali istruzione, norme sociali e responsabilità di cura. In contesti più ampi, basati sulle fabbriche e che utilizzano tecnologie avanzate, le donne e i lavoratori migranti tendono ad avere uno status inferiore; spesso lavori temporanei e mal pagati che sono culturalmente stereotipati come “lavori da donne”; sperimentano divari retributivi di genere, mancanza di accesso ai diritti dei lavoratori e ruoli dirigenziali; e sono esposti a rischi per la salute sul lavoro. Le divisioni del lavoro sono nette, rafforzate dalle norme sociali. Mentre il potere e il controllo delle risorse sono più diseguali negli ambienti di fabbrica, non sono necessariamente uguali neanche nei contesti tradizionali, nonostante offrano maggiore flessibilità. Sebbene a volte meno produttive, queste tecnologie solitamente consentono una maggiore capacità di azione per le donne. Qui ci si confronta con un compromesso tra maggiore produttività, reddito e uguaglianza di genere, come si vede nel controllo delle donne sulle risorse e sulla capacità di azione decisionale. (30Science.com)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla
Pesca: le nuove tecnologie lasciano indietro le donne
(27 Agosto 2024)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla