Valentina Arcovio

Grinta e perseveranza sono la chiave del successo a scuola

(26 Agosto 2024)

Roma – A differenza di quanto si possa immaginare, l’intelligenza non è il solo fattore determinante per farsi strada nel mondo accademico. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour e condotto congiuntamente da Margherita Malanchini della Queen Mary University of London e da Andrea Allegrini dell’University College London, ha rivelato che le abilità non cognitive, come la motivazione e l’autocontrollo, sono importanti quanto l’intelligenza nel determinare il successo accademico. Queste abilità diventano sempre più influenti durante l’istruzione di un bambino, con fattori genetici e ambientali che svolgono un ruolo significativo. La ricerca, condotta in collaborazione con un team internazionale di esperti, suggerisce che promuovere abilità non cognitive insieme ad abilità cognitive potrebbe migliorare significativamente i risultati educativi. “La nostra ricerca sfida l’assunto radicato secondo cui l’intelligenza è il motore principale del successo accademico”, afferma Malanchini, docente di psicologia presso la Queen Mary University di Londra. “Abbiamo trovato prove convincenti che le competenze non cognitive, come la grinta, la perseveranza, l’interesse accademico e il valore attribuito all’apprendimento, non sono solo fattori predittivi significativi del successo, ma che la loro influenza si rafforza nel tempo”, aggiunge. Lo studio, che ha seguito oltre 10.000 bambini di età compresa tra 7 e 16 anni in Inghilterra e Galles, ha utilizzato una combinazione di studi sui gemelli e analisi basate sul DNA per esaminare la complessa interazione tra geni, ambiente e rendimento scolastico. Una delle scoperte più sorprendenti è il ruolo crescente della genetica nel plasmare le abilità non cognitive e il loro impatto sul rendimento scolastico. Analizzando il DNA, i ricercatori hanno costruito un “punteggio poligenico” per le abilità non cognitive, essenzialmente un’istantanea genetica della predisposizione di un bambino verso queste abilità. “Abbiamo scoperto che gli effetti genetici associati alle abilità non cognitive diventano sempre più predittivi del successo accademico nel corso degli anni scolastici, infatti il ​​loro effetto quasi raddoppia tra i 7 e i 16 anni”, spiega Allegrini, ricercatore presso l’University College di Londra. “Alla fine dell’istruzione obbligatoria, le predisposizioni genetiche verso le abilità non cognitive erano altrettanto importanti di quelle relative alle abilità cognitive nel predire il successo accademico”, aggiunge. Questa scoperta sfida la visione tradizionale del successo scolastico come determinato in larga parte dall’intelligenza. Invece, lo studio suggerisce che la costituzione emotiva e comportamentale di un bambino, influenzata sia dai geni che dall’ambiente, gioca un ruolo cruciale nel suo percorso educativo. Mentre infatti la genetica contribuisce senza dubbio alle abilità non cognitive, lo studio sottolinea anche l’importanza dell’ambiente. Confrontando i fratelli, i ricercatori sono stati in grado di isolare l’impatto dell’ambiente familiare condiviso dai fattori genetici. “Abbiamo scoperto che, mentre i processi familiari giocano un ruolo significativo, la crescente influenza della genetica non cognitiva sul rendimento scolastico è rimasta evidente anche all’interno delle famiglie”, afferma Allegrini. “Ciò suggerisce che i bambini possono modellare attivamente le proprie esperienze di apprendimento in base alla loro personalità, alle loro predisposizioni e alle loro capacità, creando un ciclo di feedback che rafforza i loro punti di forza”, aggiunge. I risultati di questo studio hanno profonde implicazioni per l’istruzione. Riconoscendo il ruolo critico delle competenze non cognitive, le scuole possono sviluppare interventi mirati per supportare lo sviluppo emotivo e sociale degli studenti insieme al loro apprendimento accademico. “Il nostro sistema educativo si è tradizionalmente concentrato sullo sviluppo cognitivo”, afferma Malanchini. “È tempo di riequilibrare tale attenzione e dare pari importanza alla promozione delle competenze non cognitive. In questo modo, possiamo creare un ambiente di apprendimento più inclusivo ed efficace per tutti gli studenti”, aggiunge. Lo studio evidenzia anche la necessità di ulteriori ricerche sulla complessa interazione tra geni, ambiente e istruzione. Comprendendo questi fattori, educatori e decisori politici possono sviluppare strategie più efficaci per supportare lo sviluppo complessivo degli studenti e ottenere risultati educativi migliori. “Questo studio è solo l’inizio”, sottolinea Malanchini. “Ci auguriamo che ispiri ulteriori ricerche e porti a una trasformazione nel nostro approccio all’istruzione”, conclude. (30Science.com)

Valentina Arcovio