Lucrezia Parpaglioni

Farmaco per l’Alzheimer rallenta la demenza a corpi di Lewy

(23 Agosto 2024)

Roma – Un farmaco per l’Alzheimer potrebbe rallentare il declino cognitivo tipico della demenza a corpi di Lewy, o DLB, un tipo di demenza simile alla malattia di Alzheimer e alla malattia di Parkinson. Lo dimostra un nuovo studio del Karolinska Institutet in Svezia, pubblicato su Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association, La malattia a corpi di Lewy, che comprende la demenza a corpi di Lewy e la malattia di Parkinson con e senza demenza, è la seconda patologia neurodegenerativa più comune, dopo la malattia di Alzheimer. La DLB rappresenta circa il 10-15% dei casi di demenza ed è caratterizzata da alterazioni del sonno, del comportamento, della cognizione, del movimento e della regolazione delle funzioni corporee autonome. “Attualmente non esistono trattamenti approvati per la DLB, quindi i medici spesso utilizzano farmaci per la malattia di Alzheimer, come gli inibitori della colinesterasi e la memantina, per alleviare i sintomi”, ha affermato Hong Xu, professore assistente presso il Dipartimento di Neurobiologia, Scienze della Cura e Società del Karolinska Institutet e primo autore del lavoro. “Tuttavia, l’efficacia di questi trattamenti rimane incerta a causa dei risultati incoerenti degli studi e dei dati limitati a lungo termine”, ha continuato Xu. Nello studio attuale, i ricercatori hanno esaminato gli effetti a lungo termine degli inibitori della colinesterasi, ChEI, e della memantina rispetto all’assenza di trattamento per un periodo fino a dieci anni, in 1.095 pazienti con DLB. Dai risultati è emerso che i ChEI possono rallentare il declino cognitivo nell’arco di cinque anni rispetto alla memantina o all’assenza di trattamento. I ChEI sono stati anche associati a una riduzione del rischio di morte nel primo anno dopo la diagnosi. “I nostri risultati evidenziano i potenziali benefici dei ChEI per i pazienti con DLB e supportano l’aggiornamento delle linee guida per il trattamento”, ha dichiarato Maria Eriksdotter, professoressa presso il Dipartimento di Neurobiologia, Scienze della Cura e Società del Karolinska Institutet e autrice del lavoro. A causa della natura osservazionale dello studio, non è stato possibile trarre conclusioni sulla causalità. I ricercatori non disponevano di dati sulle abitudini di vita dei pazienti, sulla fragilità, sulla pressione sanguigna e sulla co-patologia della malattia di Alzheimer, che potrebbero aver influenzato i risultati. Un’altra limitazione dello studio è che, ad oggi, rimane difficile diagnosticare accuratamente la DLB. (30Science.com)

 

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.