Valentina Arcovio

Un farmaco contro il cancro potrebbe curare l’Alzheimer in fase iniziale

(22 Agosto 2024)

Roma – Un farmaco sviluppato per la cura del cancro sembra essere promettente come nuovo trattamento per le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Un gruppo di ricercatori della Penn State, della Stanford University e collaboratori internazionali hanno scoperto che bloccando uno specifico enzima chiamato indolammina-2,3-diossigenasi 1 (IDO1), si può salvare la memoria e la funzione cerebrale in modelli sperimentali che imitano la malattia di Alzheimer. I risultati, pubblicati sulla rivista Science, suggeriscono che gli inibitori dell’IDO1 attualmente in fase di sviluppo come trattamento per molti tipi di cancro, tra cui il melanoma, la leucemia e il cancro al seno, potrebbero essere riutilizzati per trattare le fasi iniziali delle malattie neurodegenerative, una prima assoluta per patologie croniche contro le uali non esistono trattamenti preventivi. “Stiamo dimostrando che esiste un elevato potenziale per gli inibitori di IDO1, che sono già nel repertorio di farmaci in fase di sviluppo per i trattamenti del cancro, per colpire e curare l’Alzheimer”, commenta Melanie McReynolds, docente presso la Penn State e coautrice dello studio. “Nel contesto più ampio dell’invecchiamento, il declino neurologico è uno dei maggiori cofattori dell’incapacità di invecchiare in modo più sano. I benefici della comprensione e del trattamento del declino metabolico nei disturbi neurologici – continua – avranno un impatto non solo su coloro che hanno ricevuto una diagnosi, ma anche sulle nostre famiglie, sulla nostra società e sulla nostra intera economia”. Secondo le stime dei Centers for Disease Control and Prevention, nel 2023 ben 6,7 milioni di americani vivevano con la malattia di Alzheimer e si prevede che la sua prevalenza triplicherà entro il 2060. “Inibire questo enzima, in particolare con composti che sono stati precedentemente studiati in sperimentazioni cliniche sull’uomo per il cancro, potrebbe rappresentare un grande passo avanti nella ricerca di modi per proteggere il nostro cervello dai danni causati dall’invecchiamento e dalla neurodegenerazione”, afferma Katrin Andreasson, neurologa presso la Stanford University School of Medicine e autrice principale dello studio. La malattia di Alzheimer colpisce le parti del cervello che controllano il pensiero, la memoria e il linguaggio. Il risultato è la perdita progressiva e irreversibile di sinapsi e circuiti neurali. Con il progredire della malattia, i sintomi possono aumentare da una lieve perdita di memoria alla perdita della capacità di comunicare e rispondere all’ambiente. Gli attuali trattamenti per la malattia sono focalizzati sulla gestione dei sintomi e sul rallentamento della progressione, attraverso l’individuazione dell’accumulo di placche amiloidi e tau nel cervello, ma non ci sono trattamenti approvati per combattere l’insorgenza della malattia. “Gli scienziati hanno preso di mira gli effetti a valle di ciò che identifichiamo come un problema con il modo in cui il cervello si alimenta”, spiega Praveena Prasad, dottoranda presso la Penn State e co-autrice dello. “Le terapie attualmente disponibili stanno lavorando per rimuovere i peptidi che sono probabilmente il risultato di un problema più grande – continua – che possiamo colpire prima che quei peptidi possano iniziare a formare placche. Stiamo dimostrando che prendendo di mira il metabolismo del cervello, possiamo non solo rallentare, ma invertire la progressione di questa malattia”. Utilizzando modelli preclinici (modelli cellulari in vitro con proteine ​​amiloidi e tau, modelli murini in vivo e cellule umane in vitro di pazienti affetti da Alzheimer), i ricercatori hanno dimostrato che bloccando IDO1 si aiuta a ripristinare un sano metabolismo del glucosio negli astrociti, le cellule cerebrali a forma di stella che forniscono supporto metabolico ai neuroni. IDO1 è un enzima che scompone il triptofano, molecola legata al buon umore e che facilita il rilassamento, in un composto chiamato chinurenina. La produzione di chinurenina da parte del corpo è la prima parte di una reazione a catena nota come percorso della chinurenina, o KP, che svolge un ruolo fondamentale nel modo in cui il corpo fornisce energia cellulare al cervello. I ricercatori hanno scoperto che quando IDO1 generava troppa chinurenina, riduceva il metabolismo del glucosio negli astrociti che era necessario per alimentare i neuroni. “Spegnendo” IDO1, i ricercatori hanno osservato che aumentava il supporto metabolico per i neuroni e si ripristinava la loro capacità di funzionare. I risultati dello studio suggeriscono dunque che IDO1 potrebbe anche essere rilevante anche in altre malattie, come il Parkinson e l’ampio spettro di disturbi neurodegenerativi progressivi noti come tauopatie. (30Science.com)

Valentina Arcovio