Lucrezia Parpaglioni

Dalle proteine del sangue si può predire rischio di sviluppare più di 60 malattie

(22 Luglio 2024)

Roma – Le proteine presenti nel sangue possono prevedere l’insorgenza di patologie di ario genere. A dirlo una ricerca condotta nell’ambito di una collaborazione internazionale tra GSK, Queen Mary University of London, University College London, Cambridge University e il Berlin Institute of Health della Charité Universitätsmedizin, in Germania, pubblicata su Nature Medicine. I ricercatori hanno utilizzato i dati dell’UK Biobank Pharma Proteomics Project, UKB-PPP, il più grande studio di proteomica finora condotto, con misurazioni di circa 3.000 proteine plasmatiche provenienti da una serie di oltre 40.000 partecipanti alla UK Biobank selezionati in modo casuale. I dati sulle proteine sono collegati alle cartelle cliniche elettroniche dei partecipanti. Gli autori hanno utilizzato tecniche analitiche avanzate per individuare, per ogni malattia, una “firma” di circa 5-20 proteine selezionate come le più importanti per la predizione di patologie. I ricercatori hanno rilevato la capacità delle “firme” proteiche di prevedere l’insorgenza di 67 malattie, tra cui il mieloma multiplo, il linfoma non-Hodgkin, la malattia del motoneurone, la fibrosi polmonare e la cardiomiopatia dilatativa. I modelli di previsione delle proteine hanno superato quelli basati su informazioni standard registrate clinicamente, con le previsioni basate sull’emocromo, sul colesterolo, sulla funzionalità renale e sui test per il diabete, hanno ottenuto risultati inferiori. I benefici per i pazienti derivanti dalla misurazione e dalla discussione del rischio di futuri attacchi cardiaci e ictus, attraverso i “punteggi di rischio cardiovascolare”, sono ben noti. La ricerca apre nuove possibilità per la prevenzione di un’ampia gamma di malattie, comprese quelle più rare, che possono attualmente richiedere mesi e anni per essere diagnosticate. La ricerca apre una finestra per opportunità del tutto nuove per effettuare diagnosi tempestive. I risultati devono però essere convalidati in diverse popolazioni, tra cui persone con e senza sintomi e segni di malattie e in diversi gruppi etnici. “Misurare una proteina per un motivo specifico, come la troponina per diagnosticare un infarto, è una pratica clinica standard”, ha detto Claudia Langenberg, direttrice del Precision Healthcare University Research Institute, PHURI, presso la Queen Mary University of London e professoressa di medicina computazionale presso il Berlin Institute of Health della Charité Universitätsmedizin. “Siamo estremamente entusiasti dell’opportunità di identificare nuovi marcatori per lo screening e la diagnosi tra le migliaia di proteine circolanti e ora misurabili nel sangue umano”, ha continuato Langenberg. “Abbiamo urgentemente bisogno di studi che coinvolgano popolazioni diverse per convalidare le nostre scoperte e di test efficaci che possano misurare le proteine rilevanti per la malattia secondo gli standard clinici con metodi accessibili”, ha aggiunto Langenberg, che è anche autrice del lavoro. “Molte delle nostre firme proteiche hanno ottenuto risultati simili o addirittura migliori rispetto a proteine già sperimentate per il loro potenziale come test di screening, tra cui l’antigene prostatico specifico per il cancro alla prostata”, ha dichiarato Julia Carrasco Zanini Sanchez, all’epoca studentessa di ricerca presso GSK e l’Università di Cambridge e ora ricercatrice post-dottorato presso la PHURI. “Siamo quindi estremamente entusiasti delle opportunità che le nostre firme proteiche possono offrire per la diagnosi precoce e, in ultima analisi, per il miglioramento della prognosi di molte malattie, comprese patologie gravi come il mieloma multiplo e la fibrosi polmonare idiopatica”, ha proseguito Carrasco Zanini Sanchez, che è anche autrice principale dello studio. “Abbiamo identificato così tanti esempi promettenti che il prossimo passo sarà quello di selezionare le malattie ad alta priorità e valutare la loro predizione proteomica in un contesto clinico”, ha notato Carrasco Zanini Sanchez. “Una sfida fondamentale nello sviluppo dei farmaci sta proprio nell’identificazione dei pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiarne”, ha affermato Robert Scott, vicepresidente e responsabile della genetica umana e della genomica di GSK. “Questo lavoro dimostra la promessa dell’uso di tecnologie proteomiche su larga scala per identificare individui ad alto rischio in un’ampia gamma di malattie e si allinea al nostro approccio che riguarda l’impiego della tecnologia per approfondire la comprensione della biologia umana e delle malattie”, ha sottolineato Scott. “Ulteriori lavori estenderanno queste intuizioni e miglioreranno la nostra comprensione di come applicarle al meglio per ottenere tassi di successo migliori e una maggiore efficienza nella scoperta e nello sviluppo di farmaci”, ha concluso Scott. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.