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Squalo della Groenlandia rivela nuovi segreti anti-invecchiamento

(4 Luglio 2024)

Roma  – L’attività metabolica muscolare può essere un fattore importante che contribuisce all’incredibile longevità della specie vertebrata più antica del mondo: lo squalo della Groenlandia. Lo dimostra una nuova ricerca sperimentale presentata alla Conferenza annuale della Society for Experimental Biology, che si tiene a Praga dal 2 al 5 luglio 2024. I risultati potrebbero avere applicazioni per la conservazione di questa specie vulnerabile ai cambiamenti climatici o anche per la salute cardiovascolare dell’uomo. Lo squalo della Groenlandia, Somniosus microcephalus, è il vertebrato più longevo, con una durata di vita prevista di almeno 270 anni e una possibile durata di vita superiore ai 500 anni. “Vogliamo capire quali sono gli adattamenti che permettono loro di vivere così a lungo”, ha spiegato Ewan Camplisson, dottorando presso l’Università di Manchester, Regno Unito.

Prelievo di tessuti da uno squalo della Groenlandia.
CREDITO
Ewan Camplisson

In passato si pensava che la sua lunga vita fosse dovuta all’ambiente freddo e al minimo movimento dello squalo, ma i fattori alla base dell’estrema longevità di questa specie sembrano essere molto più complessi e hanno spinto Camplisson e il suo gruppo di ricerca a studiare teorie alternative. “La maggior parte delle specie mostra variazioni nel metabolismo quando invecchia”, ha spiegato Camplisson. “Ciò che vogliamo comprendere è se anche gli squali della Groenlandia mostrano questo tradizionale segno di invecchiamento o se il loro metabolismo rimane inalterato nel tempo”, ha aggiunto Camplisson. Per misurare il metabolismo degli squali, Camplisson e la sua squadra di ricercatori hanno condotto test enzimatici su campioni di tessuto muscolare conservato di squali della Groenlandia. Gli scienziati hanno misurato l’attività metabolica di questi enzimi con uno spettrofotometro su una gamma di squali di età e temperature ambientali diverse. Contro ogni aspettativa, Camplisson e il suo gruppo di ricerca non hanno riscontrato variazioni significative nell’attività metabolica dei muscoli a seconda dell’età, suggerendo che il metabolismo di questi longevi vertebrati non sembra diminuire con il passare del tempo e potrebbe svolgere un ruolo chiave nella durata della loro vita. “Questo squalo è molto diverso dalla maggior parte degli animali, che tendono a mostrare una certa variazione nell’attività degli enzimi metabolici con l’avanzare dell’età”, ha sottolineato Camplisson. “I risultati supportano la nostra ipotesi che lo squalo della Groenlandia non mostri gli stessi segni tradizionali di invecchiamento di altri animali”, ha continuato Camplisson. Lo studio mostra anche che gli enzimi metabolici dello squalo della Groenlandia erano significativamente più attivi a temperature più elevate. “Questo suggerisce che il metabolismo dei muscoli rossi dello squalo non è particolarmente adattato all’ambiente polare, altrimenti ci saremmo aspettati di vedere una minore differenza di attività legata alla temperatura”, ha commentato Camplisson. In un mondo in cui il clima cambia rapidamente, le specie longeve e meno capaci di adattarsi potrebbero essere le più a rischio di estinzione. “Una femmina di squalo della Groenlandia può diventare sessualmente matura solo all’età di 150 anni e, con un tempo di generazione così lungo, la specie avrà molte meno possibilità di adattarsi ai cambiamenti antropici del proprio ambiente”, ha osservato Camplisson, che ha in programma di analizzare altri enzimi e tipi di tessuto per comprendere ancora più a fondo l’attività metabolica dello squalo. “Il mio obiettivo finale è proteggere la specie e il modo migliore per farlo è comprenderla meglio”, ha affermato Camplisson, che si è detto anche interessato alle possibili applicazioni di questa ricerca per la comprensione delle malattie cardiache umane. “Studiando lo squalo della Groenlandia e il suo cuore, potremmo essere in grado di comprendere meglio la nostra salute cardiovascolare”, ha dichiarato Camplisson. “Si tratta di problemi che diventano progressivamente più comuni e gravi con l’avanzare dell’età”, ha precisato Camplisson. (30Science.com)

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