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Inquinamento atmosferico influenza negativamente la fecondazione in vitro

(8 Luglio 2024)

Roma – L’esposizione al particolato atmosferico PM10 nelle due settimane precedenti alla raccolta di ovociti sembra associata a una diminuzione del tasso di successo della fecondazione in vitro. Questo allarmante risultato emerge da uno studio, presentato dagli scienziati dell’Università di Barcellona durante il 40esimo meeting dell’European Society of Human Reproduction and Embryology (ESHRE) e pubblicato sulla rivista Human Reproduction. Il team, guidato da Sebastian Leathersich, ha valutato l’esposizione al PM10 nelle due settimane precedenti la raccolta degli ovociti. L’indagine è stata condotta a Perth, in Australia, per un periodo di otto anni, durante i quali sono stati analizzati 3.659 trasferimenti di embrioni congelati da 1.836 pazienti. L’età media delle donne era di 34,5 anni al momento del prelievo degli ovociti e di 36,1 anni al trasferimento degli embrioni. Gli esperti hanno sviluppato dei modelli per tenere conto delle co-esposizioni, valutando anche i rischi corsi in caso di inquinamento atmosferico elevato 24 ore, due settimane, quattro settimane e tre mesi prima della procedura. In particolare, gli scienziati hanno riscontrato che una maggiore esposizione all’inquinamento nelle due settimane antecedenti al prelievo riduceva la probabilità di una nascita viva del 38 per cento. Anche l’aumento del PM2,5 nei tre mesi precedenti sembrava influenzare negativamente le probabilità di successo della procedura, anche se in misura leggermente inferiore. “Il nostro lavoro – riporta Leathersich – ha utilizzato cicli di trasferimento di embrioni congelati per analizzare separatamente gli effetti dell’esposizione agli inquinanti durante lo sviluppo degli ovuli e nel periodo del trasferimento degli embrioni e della gravidanza precoce. Abbiamo quindi potuto valutare se l’inquinamento stava avendo un effetto sugli ovuli stessi o sulle fasi iniziali della gravidanza”. “I risultati – aggiunge – rivelano rivelano un’associazione lineare negativa tra l’esposizione al particolato durante le 2 settimane e i 3 mesi precedenti la raccolta degli ovociti e i successivi tassi di nascite vive. Questa associazione è risultata indipendente dalla qualità dell’aria al momento del trasferimento dell’embrione. Il lavoro suggerisce che l’inquinamento influisce negativamente sulla qualità degli ovuli e non solo sullo sviluppo dell’embrione nelle prime settimane di gravidanza”. L’inquinamento atmosferico ambientale, commentano gli autori, rappresenta uno dei principali rischi per la salute, associato a oltre quattro milioni di decessi prematuri ogni anno a livello globale. L’esposizione al particolato fine è risultata correlata a una serie di condizioni di salute avverse, come malattie cardiovascolari e respiratorie. Nel 2021, il 97 per cento della popolazione urbana in Unione Europea è stata esposta a concentrazioni di PM2,5 superiori alle soglie fissate dall’Organizzazione mondiale della sanità. “Il cambiamento climatico e l’inquinamento rimangono le minacce più grandi per la salute umana, e la riproduzione non ne è immune – conclude Leathersich – anche nei luoghi in cui i livelli di inquinamento atmosferico restano quasi sempre al di sotto dei limiti considerati sicuri, esiste una forte correlazione negativa tra i due fattori. Ridurre al minimo l’esposizione agli inquinanti deve essere una priorità fondamentale per la salute pubblica”. (30science.com) Valentina Di Paola

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