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La “scomparsa silenziosa” dei pascoli minaccia il clima e la sicurezza alimentale globale

(21 Maggio 2024)

Roma – Il degrado degli estesi e spesso immensi pascoli naturali e delle altre praterie della Terra, dovuto all’uso eccessivo, all’abuso, ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità, rappresenta una grave minaccia per l’approvvigionamento alimentare dell’umanità e per il benessere o la sopravvivenza di miliardi di persone. È quanto emerge dall’ultimo rapporto tematico, Global Land Outlook on Rangelands and Pastoralists, dettagliato il 21 maggio a Ulaanbaatar, in Mongolia, dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione. Secondo i risultati, il 50% dei pascoli, che coprono il 54% di tutte le terre, è degradato, mettendo a rischio circa un sesto dell’approvvigionamento alimentare dell’umanità e un terzo del serbatoio di carbonio della Terra; il rapporto dell’UNCCD suggerisce la via per ripristinare e gestire meglio i pascoli, sollecitando la protezione della pastorizia. I sintomi del problema includono la diminuzione della fertilità e dei nutrienti del suolo, l’erosione, la salinizzazione, l’alcalinizzazione e la compattazione del suolo che inibisce la crescita delle piante, tutti fattori che contribuiscono alla siccità, alle fluttuazioni delle precipitazioni e alla perdita di biodiversità sia sopra che sotto il suolo. La compromissione dei pascoli è causata in gran parte dalla conversione di questi in terreni coltivati e da altri cambiamenti nell’uso del suolo dovuti alla crescita della popolazione e all’espansione urbana, al rapido aumento della domanda di cibo, fibre e combustibili, al pascolo eccessivo, all’abbandono, ovvero quando non viene effettuata più alcuna della manutenzione da parte dei pastori, e alle politiche che incentivano l’eccessivo sfruttamento. La categoria dei pascoli della copertura terrestre è costituita principalmente dalle praterie naturali utilizzate dal bestiame e dagli animali selvatici per il pascolo e il foraggiamento; questi comprendono anche savane, arbusteti, zone umide, tundra e deserti.  Complessivamente, queste terre costituiscono il 54% della copertura terrestre, rappresentano un sesto della produzione alimentare globale e quasi un terzo della riserva di carbonio del pianeta. “Quando abbattiamo una foresta, quando vediamo cadere un albero di cento anni, questo suscita giustamente una reazione emotiva in molti di noi”, ha detto Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo dell’UNCCD. “La conversione di antichi pascoli, invece, avviene in ‘silenzio’ e genera poche reazioni da parte dell’opinione pubblica”, ha continuato Thiaw. “Purtroppo, questi paesaggi estesi e i pastori e gli allevatori che dipendono da essi sono di solito poco apprezzati”, ha aggiunto Thiaw. “Nonostante il numero stimato di mezzo miliardo di individui in tutto il mondo, le comunità pastorali sono spesso trascurate, non hanno voce in capitolo nelle politiche che riguardano direttamente i loro mezzi di sostentamento, sono emarginate e spesso sono viste come estranee alle loro stesse terre”, ha precisato Thiaw. “In quanto custode delle più vaste praterie dell’Eurasia, la Mongolia è sempre stata cauta nel trasformare i pascoli”, ha dichiarato S.E. Bat-Erdene Bat-Ulzii, ministro dell’Ambiente della Mongolia. “Le tradizioni mongole si basano sull’apprezzamento dei limiti delle risorse, che hanno definito la mobilità come strategia, stabilito responsabilità condivise sulla terra e fissato limiti al consumo”, ha proseguito Bat-Ulzii. “Ci auguriamo che questo rapporto contribuisca a focalizzare l’attenzione sui pascoli e sui loro enormi valori, culturali, ambientali ed economici, che non possono essere sopravvalutati”, ha affermato Bat-Ulzii. La Mongolia ospiterà la diciassettesima Conferenza delle Parti dell’UNCCD nel 2026, l’Anno internazionale dei pascoli e dei pastori, o IYRP, dichiarato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite su iniziativa della Mongolia. Due miliardi di persone, piccoli pastori, allevatori e agricoltori, spesso poveri ed emarginati, dipendono da pascoli sani in tutto il mondo. In effetti, in molti Stati dell’Africa occidentale, la produzione di bestiame impiega l’80% della popolazione. In Asia centrale e in Mongolia il 60% della superficie è utilizzato come pascolo, e l’allevamento di bestiame sostiene quasi un terzo della popolazione della regione. Inoltre, come sottolinea il rapporto, gli sforzi per aumentare la sicurezza alimentare e la produttività convertendo i pascoli alla produzione di colture in regioni per lo più aride hanno portato al degrado dei terreni e alla riduzione delle rese agricole. Secondo lo studio, la “debolezza e l’inefficacia della governance”, “la scarsa attuazione di politiche e regolamenti” e “la mancanza di investimenti nelle comunità rurali e nei modelli di produzione sostenibili” sono le cause alla base della compromissione dei pascoli. Gli oltre sessanta esperti che hanno contribuito al nuovo rapporto, provenienti da oltre quaranta Paesi, hanno sviluppato un approccio concettuale innovativo che consentirebbe ai responsabili politici di stabilizzare, ripristinare e gestire i pascoli. Il nuovo metodo è supportato da esperienze dettagliate in casi di studio provenienti da quasi tutte le regioni del mondo, traendo importanti lezioni dai successi e dai passi falsi della gestione dei pascoli. Una raccomandazione fondamentale, mossa dagli scienziati, è quella di proteggere la pastorizia, uno stile di vita mobile che risale a millenni fa e che si basa sulla produzione al pascolo di ovini, caprini, bovini, cavalli, cammelli, yak, lama o altri erbivori addomesticati, oltre a specie semi-domesticate come bisonti e renne. “Dai tropici all’Artico, la pastorizia è un’opzione auspicabile e spesso la più sostenibile che dovrebbe essere incorporata nella pianificazione dell’uso dei pascoli”, ha osservato Thiaw. Il rapporto ha realizzato analisi dettagliate della scomparsa dei pascoli dei singoli paesi e regioni. Ad esempio, la produzione di bestiame rappresenta il 19% del PIL dell’Etiopia e il 4% di quello dell’India. Il Brasile, con oltre 250 milioni di bovini, produce il 16% della carne bovina mondiale, per un valore di 7,6 miliardi di dollari nel 2019.bIn Europa, molti pascoli hanno lasciato il posto all’urbanizzazione, al rimboschimento e alla produzione di energia rinnovabile e le politiche che favoriscono l’agricoltura industriale rispetto alla pastorizia e gli incentivi sbagliati stanno causando l’abbandono e il degrado dei pascoli e di altri ecosistemi aperti. Il sostegno politico ed economico, compreso il riconoscimento giuridico e la differenziazione, potrebbe invertire la tendenza e contribuire ad affrontare crisi ambientali critiche come l’aumento della frequenza e dell’intensità degli incendi boschivi e i cambiamenti climatici. Secondo gli esperti, per arrestare il deterioramento è necessario un cambio di paradigma nella gestione a tutti i livelli, da quello di base a quello globale. “La partecipazione attiva di tutte le parti interessate è fondamentale per una governance responsabile dei pascoli, che promuova l’azione collettiva, migliori l’accesso alla terra e integri le conoscenze tradizionali e le competenze pratiche”, ha sottolineato Pedro Maria Herrera Calvo, autore principale del rapporto.(30Science.com)

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