Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Nuova teoria unisce la gravità di Einstein con la meccanica quantistica

(4 Dicembre 2023)

Roma – Una nuova teoria che unifica gravità e meccanica quantistica preservando il concetto classico di spaziotempo di Einstein è stata annunciata oggi in due articoli pubblicati simultaneamente dai fisici dell’UCL (University College di Londra). La fisica moderna si fonda su due pilastri: da un lato la teoria quantistica, che governa le particelle più piccole dell’universo, e dall’altro la teoria della relatività generale di Einstein, che spiega la gravità attraverso la curvatura dello spaziotempo. Ma queste due teorie sono in contraddizione tra loro e una riconciliazione è rimasta sfuggente per oltre un secolo. L’ipotesi prevalente è che la teoria della gravità di Einstein debba essere modificata, o “quantizzata”, per adattarsi alla teoria quantistica. Questo è l’approccio di due teorie che hanno già tentato di riconciliare questi ambiti della fisica: la teoria delle stringhe e la teoria della gravità quantistica a loop. La nuova teoria, sviluppata dal professor Jonathan Oppenheim (UCL Physics & Astronomy) e esposta in uno dei due articoli, apparso su Physical Review X (PRX), adotta un approccio alternativo suggerendo che lo spaziotempo potrebbe essere classico – cioè, non affatto governato dalla teoria quantistica. Invece di modificare lo spaziotempo, la nuova teoria – denominata “teoria postquantistica della gravità classica” – modifica la teoria quantistica e prevede un crollo intrinseco della prevedibilità mediato dallo spaziotempo stesso. Ciò si traduce in fluttuazioni casuali e violente nello spaziotempo che sono più grandi di quanto previsto dalla teoria quantistica, rendendo imprevedibile il peso apparente degli oggetti se misurato con sufficiente precisione. Un secondo articolo, pubblicato contemporaneamente su “Nature Communications” a firma di ex studenti di dottorato del professor Oppenheim, esamina alcune delle conseguenze della teoria e propone un esperimento per testarla: misurare una massa in modo molto preciso per vedere se il suo peso sembra fluttuare. col tempo. Il professor Oppenheim ha dichiarato: “La teoria quantistica e la teoria della relatività generale di Einstein sono matematicamente incompatibili tra loro, quindi è importante capire come viene risolta questa contraddizione. Lo spaziotempo dovrebbe essere quantizzato, o dovremmo modificare la teoria quantistica, o ancora dovremmo trovare qualcos’altro di completamente diverso?” Zach Weller-Davies, che come studente di dottorato presso l’UCL ha contribuito a sviluppare la proposta sperimentale e ha dato un contributo chiave alla teoria stessa, ha dichiarato: “Questa scoperta mette alla prova la nostra comprensione della natura fondamentale della gravità. Abbiamo dimostrato che se lo spaziotempo non ha una natura quantistica, allora devono esserci fluttuazioni casuali nella curvatura dello spaziotempo che hanno una firma particolare che può essere verificata sperimentalmente”. I coautori, il dottor Carlo Sparaciari e la dottoressa Barbara Šoda, i cui calcoli analitici e numerici hanno contribuito a guidare il progetto, hanno espresso la speranza che questi esperimenti possano determinare se la ricerca di una teoria quantistica della gravità sia l’approccio giusto. La proposta di verificare se lo spaziotempo è classico cercando fluttuazioni casuali nella massa è complementare a un’altra proposta sperimentale che mira a verificare la natura quantistica dello spaziotempo cercando qualcosa chiamato “entanglement mediato gravitazionalmente”. Il professor Sougato Bose (UCL Physics & Astronomy), che non è stato coinvolto nell’annuncio di oggi, ma è stato tra quelli che per primi hanno proposto l’esperimento di entanglement, ha dichiarato: “Gli esperimenti per testare la natura dello spaziotempo richiederanno uno sforzo su larga scala, ma sono di enorme importanza dal punto di vista della comprensione delle leggi fondamentali della natura. Credo che questi esperimenti siano a portata di mano: queste cose sono difficili da prevedere, ma forse conosceremo la risposta entro i prossimi 20 anni”. (30science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla