Roma – Nonostante la loro affidabilità e accessibilità, i concentratori di ossigeno richiedono pezzi di ricambio che possono essere difficili da reperire in contesti con risorse limitate, dove le condizioni ambientali estreme e i sovraccarichi sono frequenti così come i guasti. La soluzione a questa lacuna può essere la produzione locale del materiale, resa possibile dalla stampa 3D. Al Centro di Ricerca Enrico Piaggio dell’Università di Pisa, è stato testato un processo di stampa 3D basato su estrusione per produrre monoliti di zeolite, il materiale alla base del funzionamento dei concentratori di ossigeno. La stampa 3D ha consentito di variare in modo veloce la forma di queste strutture e di ottimizzare il flusso d’aria al loro interno. Rispetto al materiale classico costruito in forma pellettizzata, i monoliti di zeolite stampati in 3D hanno quindi un trasporto e processo di adsorbimento migliori e sono più facili da gestire.
La stampa, per gli ambienti con risorse limitate, è quindi la tecnologia più adatta per ottenere prestazioni più elevate, anche per una
più facile manutenzione e per il peso molto inferiore alla media. La progettazione è stata utilizzata la piattaforma UBORA e design e fabbricazione sono stati concettualizzati in modo da adattarsi perfettamente a contesti a basse risorse. UBORA è una piattaforma elettronica per la coprogettazione open source di nuove soluzioni sfruttando il networking, la conoscenza sulla prototipazione rapida di nuove idee e la condivisione di criteri di sicurezza e dati sulle prestazioni, che sta portando avanti progetti e ricerche per le sfide sanitarie globali. Il progetto di questi monoliti è fortemente multidisciplinare, ed ha visto il coinvolgimento di più dipartimenti dell’Università di Pisa: il gruppo di ricerca cui fa parte la dottoranda Florinda Coro e guidato dalla professoressa
Arti Ahluwalia e il professor Carmelo De Maria, hanno partecipato i professori. Bertei e Gallone del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni, la prof.ssa Raspolli del Dipartimento di Chimica), il dott. Micalizzi del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. “Il nostro approccio- afferma l’ingegner Florinda Coro- sfrutta tecnologie appropriate per la produzione locale, ed è vincente per i contesti a basse risorse. In questo caso abbiamo mostrato che è possibile migliorare le prestazioni generali del dispositivo, con una permeabilità 30 volte maggiore rispetto alla configurazione tradizionale”.(30Science.com)