Nella savana sudafricana l’uomo fa più paura dei leoni

6 Ott, 2023
30Science.com
Mediaone

Roma – Secondo una ricerca internazionale, pubblicata sulla rivista Current Biology, i mammiferi che vivono nel Parco Nazionale Greater Kruger del Sudafrica, dove risiede una delle più grandi popolazioni di leoni rimaste al mondo, hanno molta più paura delle voci umane, rispetto ai vocalizzi dei leoni o ai suoni di caccia come l’abbaiare dei cani o gli spari. “Di solito pensiamo che il vertice della catena alimentare sia costituito dai grandi predatori carnivori”, ha detto Liana Y. Zanette, biologa della conservazione presso la Western University in Canada e prima autrice dello studio. “Ma, quello che ci interessa è l’ecologia unica degli esseri umani come predatori nel sistema, perché l’uomo è super letale”, ha spiegato Zanette. “Normalmente, se sei un mammifero, non morirai di malattia o di fame; a porre fine alla tua vita sarà un predatore, e più sei grande più grande sarà il predatore che ti ucciderà”, ha spiegato Michael Clinchy, anch’egli biologo della conservazione presso la Western University e coautore del lavoro. “I leoni sono il più grande predatore terrestre del pianeta e quindi dovrebbero essere i più spaventosi; abbiamo, quindi, confrontato la paura che deriva dagli esseri umani con quella scaturita dai leoni, per scoprire se gli uomini sono più spaventosi del più temuto dei predatori non umani”, ha continuato Clinchy.

Nell’ambito del mega esperimento sudafricano, Zanette, Clinchy e colleghi hanno osservato la reazione di 19 specie diverse di mammiferi a una serie di registrazioni, tra cui voci umane, vocalizzi di leoni, cani che abbaiano e spari. Le riproduzioni di voci umane, a volume colloquiale, provenivano da registrazioni radiofoniche o televisive di persone che parlavano le quattro lingue più usate nella regione, tra cui lo tsonga, il sotho settentrionale, l’inglese e l’afrikaans. I cani e gli spari dovevano rappresentare i suoni associati alla caccia umana, mentre le vocalizzazioni dei leoni, curate con l’aiuto di Craig Packer, dell’Università del Minnesota, esperto di leoni e coautore, dovevano segnalare la presenza del principale predatore della regione. “La cosa fondamentale è che le vocalizzazioni dei leoni rappresentano più ringhi, come si trattasse di una conversazione, e non ruggiti reciproci”, ha affermato Clinchy. “In questo modo le vocalizzazioni dei leoni sono direttamente paragonabili a quelle degli esseri umani che parlano a voce alta”, ha proseguito Clinchy. Per osservare e registrare i comportamenti degli animali in risposta alle registrazioni, gli autori hanno utilizzato sistemi impermeabili personalizzati che combinano una trappola con telecamera e un altoparlante e che hanno una durata della batteria sufficiente per registrare tutto il giorno e la notte per molti mesi.

Lo studio è stato condotto nella stagione secca e i sistemi sono stati posizionati presso le pozze d’acqua per catturare le registrazioni di tutti gli animali che venivano ad abbeverarsi. Alla fine dell’esperimento, la squadra di ricerca aveva 15.000 video da esaminare. “Abbiamo messo la telecamera in una scatola per orsi, non perché ci siano orsi in Sudafrica, ma per via delle iene e dei leopardi che amano masticarle”, ha raccontato Zanette. “Una notte, la registrazione del leone ha fatto arrabbiare così tanto l’elefante che ha caricato e distrutto tutto”, ha continuato Zanette. I ricercatori hanno scoperto che gli animali avevano il doppio delle probabilità di correre e abbandonare le pozze d’acqua in risposta all’ascolto delle voci degli esseri umani, rispetto ai leoni o a suoni di caccia. Il 95% delle specie, tra cui giraffe, leopardi, iene, zebre, kudu, facoceri, impala, elefanti e rinoceronti, correvano più spesso o abbandonavano più velocemente le pozze d’acqua in risposta all’uomo, rispetto ai leoni. “C’è l’idea che gli animali si abituino all’uomo se non vengono cacciati; ma, abbiamo dimostrato che non è così”, ha sottolineato Clinchy. “La paura dell’uomo è radicata e pervasiva, quindi è qualcosa a cui dobbiamo iniziare a pensare seriamente per scopi di conservazione”, ha aggiunto Clinchy. Il gruppo di scienziati sta ora studiando se i sistemi sonori personalizzati possano essere utilizzati per allontanare deliberatamente le specie a rischio, come il rinoceronte bianco meridionale, dalle aree note per il bracconaggio in Sudafrica. Finora, gli sforzi per tenere i rinoceronti lontani da certi spazi attraverso l’uso di voci umane hanno avuto successo. “Penso che la pervasività della paura in tutta la comunità dei mammiferi della savana sia una vera e propria testimonianza dell’impatto ambientale che l’uomo ha”, ha dichiarato Zanette. “Non solo attraverso la perdita di habitat, i cambiamenti climatici e l’estinzione delle specie, che sono tutte cose importanti; ma, il solo fatto di averci là, fuori in quel paesaggio, è per gli animali un segnale di pericolo tale da indurli a reagire con forza”, ha evidenziato Zanette. “Sono spaventati a morte dall’uomo, molto più di qualsiasi altro predatore”, ha concluso Zanette. (30Science.com)

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