Roma – Rispetto all’Atlantico e al Baltico, il Mare nostrum non era la fonte primaria di sostentamento per la popolazione del Mesolitico, secondo gli studi finora condotti sulla paleodieta degli antichi abitanti.
Una nuova ricerca internazionale, condotta da Maria Fontanals-Coll e Oliver E. Craig del Dipartimento di Archeologia dell’Università di York, in collaborazione, tra gli altri, con il Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza, dimostra invece che gli individui che vivevano sulla costa del Mediterraneo potrebbero aver fatto affidamento sulle risorse acquatiche già 9.500 anni fa, durante il Mesolitico. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Proceeedings of the Royal Society B, è stato finanziato dal progetto europeo Marie Skłodowska-Curie NEOMEDIS e dai fondi ERC ANCESTORS di cui è rappresentante Mary Anne Tafuri della Sapienza.
I ricercatori hanno analizzato le composizioni isotopiche degli amminoacidi estratti dalle ossa di undici individui umani provenienti dall’antico cimitero mesolitico El Collado, presso Valencia, in Spagna. Questa innovativa tecnica biomolecolare consente una maggiore accuratezza nella discriminazione tra risorse terrestri e acquatiche, fondamentale per valutare i cambiamenti della dieta associati all’introduzione di piante e animali domestici all’inizio dell’agricoltura.
“Per la seconda volta – spiega Silvia Soncin del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza, fra gli autori dello studio – dimostriamo che la metodologia CSIA-AA è incredibilmente utile per lo studio delle abitudini alimentari del passato, soprattutto nel Mediterraneo. In questo contesto, infatti, la più classica analisi degli isotopi stabili del collagene non è abbastanza risolutiva per discriminare il contributo del pesce che è essenziale per comprendere le economie antiche. Grazie a CSIA-AA, ora possiamo andare avanti”.
I risultati del lavoro mettono in discussione la visione tradizionale secondo cui per i cacciatori-raccoglitori preistorici fosse il settore della pesca fosse scarsamente produttivo, rispetto alle controparti atlantiche, mostrando invece come questi individui vissuti circa 9.500 e 8.500 anni fa avessero un’economia fortemente orientata verso la costa che comprendeva una notevole quantità di risorse acquatiche, come pesci di acqua salmastra e crostacei.
Inoltre, permettono una ricostruzione più accurata della paleodieta e di parte dell’ambiente geografico e dell’ecosistema degli ominidi. La direzione è quella di arrivare a una conoscenza delle abitudini alimentari degli individui preistorici tale da poterle comparare quantitativamente con quelle delle popolazioni moderne, dove le implicazioni nutrizionali e sanitarie sono già ben esplorate.(30Science.com)