Roma – Perché alcuni individui si ammalano e altri no, quando esposti agli stessi fattori ambientali? Questa è la domanda che ci poniamo ogni volta che veniamo a contatto con un virus, (ad esempio SARS-CoV-2), una sostanza chimica, o fisica (ad esempio radiazioni) e per le quali cerchiamo da sempre una risposta in modo da prevenire danni seri predicendo il rischio in termini probabilistici. Le risposte a queste domande scaturiscono proprio dalle ricerche finalizzate a capire le interazioni geni-ambiente, cioè gli effetti delle variazioni del nostro DNA e quindi delle nostre proteine quando le nostre cellule incontrano una sostanza estranea al proprio organismo. Comprendere come le sostanze estranee interagiscono con le nostre proteine è fondamentale per attivare programmi di prevenzione e di terapia. Ma non è facile!
La Dott.ssa Flavia Novelli, Ph.D. lavora da cinque anni nell’Istituto di ricerche sul Cancro di Honolulu (Hawaii) nel laboratorio del Prof. Michele Carbone, dove sta cercando di capire perché l’esposizione all’amianto e ad altri minerali simili, determina lo sviluppo del mesotelioma, un tumore aggressivo con prognosi molto infausta nelle persone esposte alle fibre di amianto per ragioni professionali o perché abitano in aree ricche di minerali come l’erionite.
L’associazione tra amianto e mesotelioma, è nota fin dal 1935, ma soltanto negli ultimi anni si è capito che alla base della suscettibilità al mesotelioma da amianto c’è una predisposizione genetica dovuta a mutazioni del gene BAP1, scoperta dal Prof. Carbone, in Cappadocia alcuni anni fa. Per molti anni, i ricercatori dell’UH Cancer Center sono stati in prima linea nella ricerca sul mesotelioma scoprendo che BAP1 è un potente gene oncosoppressore, cioè un gene che quando viene inattivato da mutazioni, aumenta il rischio di sviluppare il mesotelioma ed altri tipi di cancro.
Ma perché mutazioni di questo gene aumentano la suscettibilità alle fibre di amianto e non ad altri minerali, predisponendo al mesotelioma?
Flavia Novelli ha scoperto come l’amianto interagisce con le mutazioni di BAP1, causando il mesotelioma. In particolare, la Dott.ssa Novelli ha scoperto che alcune proteine legate l’una all’altra possono aiutare a ridurre il rischio di sviluppare il mesotelioma, dimostrando che l’interazione di BAP1, HMGB1 e l’HDAC1 a formare un trimero, può migliorare gli esiti del mesotelioma. Quando i livelli di BAP1 sono ridotti a causa di mutazioni, il trimero BAP1-HMGB1-HDAC1 viene interrotto e l’HMGB1, una proteina nucleare, viene rilasciata a livello extracellulare, innescando l’infiammazione e col tempo il cancro. Questo processo è potenziato dall’esposizione all’amianto, che provoca anche il rilascio di HMGB1. Pertanto, i portatori di mutazioni BAP1 sono molto suscettibili alla carcinogenesi dell’amianto e al mesotelioma.
Questo studio accolto dalla rivista americana di scienze (PNAS) spiega meccanicisticamente l’interazione tra geni e ambiente e potrà aiutare a prevenire il cancro e migliorare la vita di molte persone.
Infatti, la Dott.ssa Novelli ha scoperto che bloccando l’attività di HMGB1 con aspirina o altri farmaci in topi geneticamente modificati e portatori di mutazioni di BAP1 ed esposti all’amianto, se trattati con aspirina, riducono significativamente il numero dei casi di mesotelioma.
I ricercatori stanno adesso identificando alcune molecole naturali presenti nelle librerie dei prodotti naturali dei nativi hawaiiani per identificare e sintetizzare piccole molecole che legano e bloccano l’attività di HMGB1 extracellulare per avviare studi clinici mirati a prevenire o ridurre il mesotelioma.
Flavia si è laureata in Farmacia in un corso di studio erogato in lingua inglese, all’Università di Roma Tor Vergata e conseguito un Dottorato in Biochimica e Biologia Molecolare nello stesso ateneo. Dopo il Dottorato è partita per le Hawaii dopo un colloquio fatto in remoto ottenendo un contratto di post-Doc nel laboratorio del Prof. Carbone. L’esperienza di Flavia, conferma come la qualità della formazione universitaria e post-universitaria italiana sia eccellente e interessante per il “mercato” internazionale dei giovani talenti che escono dalle università italiane, e invece, la burocrazia e gli stipendi bassi, stanno rendendo il nostro paese meno attraente per ricercatori stranieri.(30Science.com)