(30Science.com) – Roma, 14 feb. – Nonostante siano ampiamente conosciute, le cellule staminali del sangue non hanno ancora espresso tutto il loro potenziale. Soprattutto per quanto riguarda le loro applicazioni nel campo della terapia genica. Elisa Laurenti, 42 anni, è partita da Bologna dove si è laureata ed è arrivata a Cambridge (UK) proprio per approfondire questo aspetto e ora, con i due milioni di euro del Consolidator Grant dello European Research Council (ERC), potrà farlo ancora meglio.
Di cosa si occuperà il suo progetto?
Il mio progetto studierà le cellule staminali del sangue nel contesto della terapia genica. Le cellule staminali del sangue sono le uniche cellule capaci di produrre tutte le cellule del sangue: i globuli rossi che trasportano ossigeno attraverso in nostro corpo, le piastrine che aiutano a fermare la perdita di sangue in caso di ferite, e tutte le cellule del sistema immunitario che ci proteggono da batteri, virus e parassiti. Grazie alla loro incredibile capacità regenerativa (3 millioni di cellule del sangue sono prodotte ogni secondo in un adulto), le cellule staminali vengono usate in terapie geniche, terapie avanzate che permettono di curare uno spettro di malattie genetiche ereditarie correggendo il difetto genetico delle cellule. Le cellule staminali del sangue vengono prelevate dal paziente, il gene difettoso viene corretto al di fuori dell’organismo, e poi le cellule vengono reinfuse nel paziente, dove ricostruiscono tutte le cellule del sangue, geneticamente corrette, per tutta la vita del paziente. La terapia genica ha fatto enormi passi avanti negli ultimi venti anni, e si sta allargando a sempre piu malattie, offrendo spesso quella che è l’unica cura per queste malattie. Però ci sono ancora tanti problemi, uno dei quali è il fatto che le funzioni regenerative delle cellule staminali del sangue diminuiscono durante la fase di correzione genetica. Questo progetto, HEXAGEN, ha come scopo primario di identificare le ragioni per cui l’attività delle cellule staminali del sangue diminuisce in coltura. Useremo tecnologie all’avanguardia, in cui possiamo misurare molteplici parametri in singole cellule staminali. Con queste riusciremo a capire qual è l’impatto della fase di coltura fuori dall’organismo e attraverso quali meccanismi molecolari e cellulari avviene.
Quali possono essere le potenziali applicazioni di queste ricerche?
Gli esiti della terapia genica, e in generale di tutti i trapianti di midollo, dipendono primariamente dalla qualità e dalla quantità delle cellule staminali del sangue, perché queste sono le uniche cellule che trapiantate, possono produrre sangue per tutta una vita. HEXAGEN mira a studiare lo stress che le cellule staminali subiscono in coltura e usare queste nuove conoscenze per ottimizzare i protocolli di terapie genica in maniera da offrire a tutti i pazienti le migliori cellule staminali del sangue e in maggior quantità possibile.
Perché è così importante?
La terapia genica sta diventando una realtà, e può permettere a tanti bambini con malattie genetiche di crescere con una qualità di vita simile a quella dei loro coetanei. Le nostre ricerche sperano di contribuire a rendere la terapia genica più accessibile e sicura. Al di là della terapia genica, i trapianti di cellule staminali del sangue hanno già salvato la vita di più di un milione e mezzo di pazienti, principalmente affetti da tumori. Ma possiamo ancora migliorarli, garantendo migliori esiti e qualità di vita dei pazienti. Inoltre, tanti pazienti ad oggi non trovano donatori adatti. A lungo termine se riuscissimo a mantenere e espandere le cellule staminali del sangue in coltura potremmo offrire un trapianto a tutti i pazienti che ne hanno bisogno. Ma per questo dobbiamo capire la biologia di queste cellule sia dentro che fuori al nostro corpo, e questa è la nostra missione in questo progetto.
Qual è stato il suo percorso accademico?
Quando avevo 8 anni i miei genitori si sono trasferiti in Francia per motivi di lavoro. Mio padre lavorava su un progetto internazionale di fisica nucleare, svolto al CERN, a Ginevra in Svizzera, ma abitavamo a qualche chilometro da lì in territorio francese. Dopo aver fatto quasi tutto il mio percorso scolastico in Francia, ho deciso di tornare in Italia e ho conseguito una laurea quinquennale in Scienze Biologiche all’Università di Bologna. La mia prima esperienza di ricerca è stata studiando Drosophila, il moscerino della frutta, sotto la guida da Daniela Grifoni, che mi ha ispirata a continuare il mio percorso in ricerca fondamentale. Dopo la laurea (2003), per ragioni personali, ho deciso di fare un dottorato in Svizzera. Sono entrata nel programma di dottorato dell’istituto svizzero di ricerca sperimentale sul cancro (ISREC) all’università di Losanna. Sotto la direzione da Andreas Trumpp, ho cominciato a studiare le cellule staminali del sangue, usando modelli genetici in topi (2004-2009). Rimasta affascinata dall’estrema capacità rigenerativa di queste cellule, ho deciso di continuare il mio percorso di ricerca facendo un esperienza post-doc in Canada, a Toronto, presso il laboratorio del Dr John Dick, un esperto mondiale di cellule staminali del sangue e del cancro (2010-2014). Lì la mia attività di ricerca si è spostata al 100% sul sistema umano, ad oggi ancora l’unico sistema che studio nel mio laboratorio. Nel 2014, ho stabilito il mio proprio laboratorio di ricerca all’Università di Cambridge, al Dipartimento di Ematologia e al Wellcome Medical Research Council Cambridge Stem Cell Institute. Nel 2015, ho vinto una borsa di ricerca sponsorizzata da Wellcome e Royal Society che ha sostenuto il mio laboratorio, il mio stipendio e mi ha permesso di dedicarmi al 100% alla ricerca. Nel 2022 ho ottenuto un posto permanente all’Università di Cambridge, dove sono adesso Associate Professor in Stem Cell Medicine.
Perché non ha scelto di realizzare il suo progetto in una istituzione di ricerca italiana?
Sfortunatamente dopo Brexit non è più possibile ricevere i finanziamenti Europei realizzando il progetto in Regno Unito. Però è possibile transferirsi in un altra istituzione europea o ottenere i finanziamenti da UKRI, l’ente di finanziamento della ricerca gestita dal governo britannico. Ho fino a metà aprile per decidere tra queste opzioni.
Realizzare il progetto a Cambridge avrebbe vantaggi per ragioni di continuità della nostra ricerca. Negli ultimi 8 anni passati a Cambridge, ho investito molto nello stabilire l’infrastruttura per s tudiare la formazione del sangue nell’umano in condizioni di normale salute. Il mio laboratorio ha accesso a campioni provenienti da quasi tutti i tessuti ematopoietici umani, dale prime tappe dello sviluppo, fino negli anziani. Inoltre, lavoriamo in maniera integrata e altamente collaborativa con gruppi esperti in genomica, tumori del sangue e cellule staminali in altri tessuti. Questa infrastruttura sarebbe ideale per mandare avanti Hexagen senza ritardi.
Secondo, ci sono ragioni personali per le quali ho deciso di non tornare in Italia dopo la mia esperienza post-doc. Queste rimangono valide ancora oggi. Sono felice di avere legami forti con l’Italia avendo per esempio contribuito alla formazione di studenti che sono tornati a svolgere ricerca in Italia. Inoltre ho collaborazioni con vari gruppi in Italia, in particolare al San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (TIGET) a Milano. Il TIGET è un centro di eccellenza riconosciuto mondialmente, un ambiente unico al mondo in quanto riguarda terapie geniche, e mi sento molto privilegiata ad avere questi forti legami collaborativi.
Quali sono i prossimi obiettivi della sua attività di ricerca
Il mio obiettivo di ricerca è sempre stato di capire come le cellule staminali possono garantire la formazione di tutte le cellule del sangue durante tutta la nostra vita. In parallelo al loro studio nel contesto di terapia genica e trapianti, il mio laboratorio è molto interessato a come la funzione delle cellule staminali del sangue cambia nel corso di una vita umana, in particolare come si deteriora durante l’invecchiamento. Anemie, la mancata capacità di superare le infezioni, malattie cardiovascolari e tumori negli anziani sono tutte direttamente o indirettamente legate alle cellule staminali del sangue. Il nostro obbiettivo è anche qui di partire da una caratterizzazione biologica approfondita di queste cellule in persone anziane. A lungo termine e in collaborazione con tanti altri scienziati e clinici, speriamo di contribuire ad aumentare il numero di anni durante i quali si può invecchiare in buona salute, tramite per esempio nuovi metodi per prevedere i rischi di sviluppare specifiche malattie legate all’invecchiamento o mantenendo i nostri tessuti più giovani più a lungo.(30Science.com)