Intervista: Torricelli (UniBs) lo scienziato che crea neuroni sintetici sempre più biologici
(30Science.com) – Roma, 10 nov. – “La nostra ricerca ci avvicina all’obiettivo di sviluppare dispositivi impiantatili che permettano il recupero delle capacità motorie, sensoriali e cognitive, perse o ridotte a causa di un trauma o una malattia, fino ad un futuro in cui tali dispositivi potranno addirittura migliorare ed aumentare le nostre capacità motorie, sensoriali e cognitive” . Lo ha spiegato a 30Science.com, il prof. Fabrizio Torricelli dell’Università di Brescia, che alla guida di un gruppo di ricercatori ha creato un neurone artificiale che è in grado di sopravvivere in ambiente biologico e di interfacciarsi anche con sostanze come la dopamina. Lo studio è pubblicato su Nature Electronics.
Fabrizio Torricelli nel suo laboratorio al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Brescia
Come funziona questo neurone?
Il neurone artificiale è in grado di funzionare in ambiente liquido, di rispondere a stimoli biochimici e di interfacciarsi direttamente ed in-situ con cellule e membrane cellulari. Più precisamente, la frequenza di oscillazione e l’attivazione o il “silenziamento” del comportamento oscillatorio, possono essere controllati dalla concentrazione e dalle specie biochimiche presenti nell’ambiente liquido in cui opera il neurone. Inoltre, la dinamica del neurone può essere modulata dalle oscillazioni elettrochimiche tipicamente presenti nell’ambiente biologico. Queste caratteristiche consentono l’interazione diretta tra neurone e sistemi biologici, come ad esempio membrane cellulari, realizzando così delle interfacce bioelettroniche perfettamente integrate e capaci di comunicare ed interagire con la biologia. Alla base del neurone artificiale vi è un circuito intronico neuromorfico ideato fondendo i principi della teoria dei circuiti elettronici non lineari con i dispositivi organici a conduzione iono-elettronica. I dispositivi iontronici utilizzati come blocchi base per realizzare il neurone artificiale sono i tranisistor organici. Questi dispositivi sono in grado di combinare le proprietà di biocompatibilità e funzionamento stabile in ambiente liquido, convertendo e amplificando segnali biologici in segnali ionici ed elettrici.
Perché è importante, quali possono essere le applicazioni future?
Questa ricerca dimostra che è possibile realizzare dei neuroni artificiali che operano in-situ nell’ambiente biologico e a diretto contatto con elementi biologici (ad esempio membrane cellulari) e si comportano come i neuroni biologici. Il comportamento dei neuroni è riprodotto considerando i parametri fisiologici tipici, come ad esempio l’intervallo di contrazione degli ioni, l’ampiezza e la frequenza dei segnali fisiologici, l’eccitabilità e la frequenza di oscillazione. È rilevante osservare che, analogamente ad un neurone biologico, il neurone artificiale risponde agli stimoli biochimici locali dell’ambiente liquido in cui opera.
La ricerca apre quindi nuove e rilevanti opportunità per l’integrazione di bioelettronica organica neuromorfica che ha il potenziale per sostituire i neuroni danneggiati del sistema nervoso o per ottenere nuove funzioni neuronali capaci di potenziare e migliorare le funzioni biologiche. I campi applicativi su cui la ricerca ha un impatto diretto comprendono la neuro-prostetica, la bio-ingegneria, la bio-elettronica e la bio-robotica. La ricerca offre inoltre un importante stimolo per lo sviluppo di nuovi materiali e bio-circuiti integrati seguendo una logica analoga a quella del sistema nervoso. Infine, la possibilità di riprodurre il comportamento dei neuroni biologici con neuroni artificiali, permette di migliorare e sviluppare le nostre conoscenze sul funzionamento del sistema nervoso centrale e periferico, che mettono in comunicazione le diverse parti dell’organismo e coordinano le loro funzioni volontarie e involontarie.
In sintesi, la ricerca ci avvicina all’obiettivo di sviluppare dispositivi impiantatili che permettano il recupero delle capacità motorie, sensoriali e cognitive, perse o ridotte a causa di un trauma o una malattia, fino ad un futuro in cui tali dispositivi potranno addirittura migliorare ed aumentare le nostre capacità motorie, sensoriali e cognitive.
Ci sono in vista progetti in questo senso, e quali sono i partner industriali?
La ricerca svolta è di tipo “ground-breaking research” e grazie ai risultati raggiunti stiamo predisponendo diverse domande di finanziamento sia a livello nazionale che europeo. Al momento non ci sono partner industriali, ma siamo certi che dopo questa importante scoperta avremo modo di intercettare anche interessi industriali nei settori della bioelettronica, bioingegneria e tecnologie emergenti. Per proseguire la ricerca, da Novembre 2022 sarà coinvolto un nuovo studente di dottorato nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Ingegneria dell’Informazione, che nei prossimi 3 anni si focalizzerà su questo tema e da gennaio 2023 sarà attivata una nuova posizione di postdoc (attualmente il bando è aperto) presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Brescia. Questa posizione è sostenuta principalmente dai fondi di Ateneo e dai fondi del “Dipartimento di Eccellenza”, grazie al fatto che il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Brescia, il Dipartimento a cui afferisco, è stato giudicato “Dipartimento di Eccellenza” dal Ministero dell’Università e della Ricerca nel periodo 2018-2022 e si presenta tra i primi 173 migliori Dipartimenti italiani nelle valutazioni in corso per la selezione 2023-2027.(30Science.com)