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Infertilità maschile, in 50 anni spermatozoi dimezzati nel mondo

(15 Novembre 2022)

(30Science.com) – Roma, 15 nov. – Negli ultimi 46 anni il numero medio di spermatozoi si è drasticamente ridotto di oltre il 50 per cento in tutto il mondo. A dimostrarlo è uno studio internazionale, guidato dall’Università Ebraica di Gerusalemme e dalla Icahn School of Medicine, Mount Sinai (New York), appena pubblicato sulla rivista Human Reproduction Update. I risultati mostrano, per la prima volta, che il declino della conta spermatica non solo va avanti da quasi 50 anni, ma è addirittura accelerato nel 21esimo secolo.

“I dati sono eloquenti: abbiamo bisogno urgente di mitigare questa grave minaccia alla fertilità maschile. Non possiamo più rimandare”, dice Luigi Montano, UroAndrologo coordinatore del progetto di ricerca EcoFoodFertility, nonché presidente Area Andrologica in carica della Società Italiana di Riproduzione Umana (SIRU). “E’ ormai noto da tempo che la fertilità maschile è in calo nei paesi occidentali. Si accumulano dunque le evidenze scientifiche – continua – che mostrano un peggioramento della qualità del liquido seminale, segno che inquinamento ambientale e cattivi stili di vita sembrano influire assai negativamente sulla salute e sulla capacità riproduttiva maschile”. Lo studio si è basato sull’analisi di dati provenienti da 53 paesi in tutto il mondo, che vengono seguiti ormai da decenni. Il periodo di riferimento del nuovo aggiornamento è di 7 anni, dal 2011 al 2018. I ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sulle tendenze relative al numero e alla concentrazione di spermatozoi tra gli uomini.

“I dati mostrano, per la prima volta, un significativo calo del numero totale di spermatozoi e della loro concentrazione, in particolare in Sud America, Asia e Africa, aree che in particolare negli ultimi due decenni hanno registrato tassi di sfruttamento ed inquinamento ambientale importanti – spiega Montano –. Gli autori fanno peraltro riferimento ad alterazioni nello sviluppo del tratto riproduttivo durante la vita fetale in relazione alla compromissione della fertilità e ad altri indicatori di disfunzione riproduttiva, per cattivi stili di vita, sostanze chimiche disperse nell’ambiente”.

I danni alla fertilità maschile, inoltre, potrebbero essere addirittura più gravi e profondi rispetto a quelli segnalati dall’analisi della quantità e della concentrazione degli spermatozoi. “In Italia, peraltro, già con lo studio FASt (Fertilità, Ambiente, Stili di Vita) finanziato dal Ministero della Salute in tre aree ad alto tasso di inquinamento ambientale, Brescia, Frosinone, Acerra e pubblicato sulla rivista European Urology Focus dal gruppo di ricerca EcoFoodFertility, riscontrammo – sottolinea Montano – alti risichi riproduttivi su giovani sani non fumatori, su cui fu anche fatta un’interrogazione parlamentare nell’ottobre del 2021, un problema che in un paese come l’Italia a bassissima natalità non può essere assolutamente trascurato”.

Gli specialisti invitano gli uomini ad agire in prima persona per preservare la loro capacità riproduttiva, fin da giovanissimi, dal momento che questa problematica, ancora misconosciuta, è centrale per la sopravvivenza della specie, come sottolineano anche gli autori del lavoro. “Per questo riteniamo fondamentale promuovere la cultura della prevenzione ed in particolare di quella della fertilità particolarmente a rischio nel prossimo futuro, per questo è necessario coinvolgere come già stiamo facendo come SIRU, i Medici di Medicina Generale, i pediatri e biologi per una progetto di ampio respiro sulla prevenzione in particolare andrologica che in occasione del mese di novembre dedicato alla prevenzione andrologica e per l’ANDRODAY possa incominciare a muovere i primi passi e contribuire a poter uscire da questo periodo nero per la fertilità maschile e quindi anche per la natalità”, conclude Montano.(30Science.com)

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