Lella Simone

Ricerca Italiana: Gialluisi (Neuromed)  “questo primo studio che identifica geni implicati nella dislessia”

(20 Ottobre 2022)

(30science.com) – Roma, 20 ott. – Individuato per la prima volta un gran numero di geni che sono associati in modo inequivocabile alla dislessia. Lo studio, condotto dall’Università di Edimburgo, è la più grande analisi genetica sulla dislessia fino ad oggi. Precedenti studi che collegavano la dislessia a geni specifici sono stati condotti su un piccolo numero di famiglie e le prove non erano chiare. Quest’ultima ricerca, appena pubblicata sulla rivista Nature Genetics, ha coinvolto più di 50.000 adulti a cui è stata diagnosticata la dislessia e più di un milione di adulti senza dislessia. I ricercatori hanno testato l’associazione tra milioni di varianti genetiche con stato di dislessia e hanno trovato 42 varianti significative. Anche un italiano ha collaborato al team di ricerca.

Alessandro Gialluisi (Neuromed)

E’ Alessandro Gialluisi ricercatore dell’Università degli Studi dell’Insubria e dell’IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (Is) che per 30Science.com ha risposto ad alcune domande sul tema.

Quali sono gli elementi più rilevanti che caratterizzano la presente ricerca?

Questo rappresenta il più grande studio di associazione genomica mai condotto sulla dislessia, che ha aumentato la dimensione del campione degli studi precedenti di oltre venti volte. Questo ci ha permesso di identificare 42 nuovi geni associati a questo disturbo dell’apprendimento, che ancora si conosce molto poco da un punto di vista genetico. Abbiamo inoltre scoperto che l’architettura genetica di questo disturbo è simile tra i due sessi e mostra una certa sovrapposizione con l’ambidestrismo, sebbene l’essere ambidestri non voglia dire essere per forza dislessici.

Quali sviluppi e ripercussioni potrebbe avere il presente studio sulla conoscenza della dislessia?

Questo rappresenta il primo studio genome-wide (cioè svolto su tutto il genoma) ad identificare in maniera robusta geni implicati nella dislessia, per cui apre nuovi scenari non solo per una migliore comprensione delle alterazioni molecolari ad essa correlate ma anche per l’identificazione di basi genetiche condivise con altri aspetti cognitivi e neurologici. Tuttavia, le basi genetiche finora identificate spiegano al massimo metà dell’ereditabilità del disturbo e non più del 6% delle abilità cognitive correlate alla letturaTutti gli articoli, per cui c’è ancora tanto da fare.

Su quali progetti lavorerà nel prossimo futuro?

Alla luce di quanto detto sopra, dobbiamo lavorare ancora molto per raggiungere una piena comprensione delle basi genetiche della dislessia. Primo, dovremmo lavorare sull’incremento del campione analizzato per poter raggiungere un potere predittivo del rischio di dislessia tale da poter essere utilizzato come metodo di screening dei soggetti a rischio di presentare il disturbo. In tal modo, in un futuro potremmo potenzialmente individuare bimbi a maggior rischio genetico di dislessia e implementare interventi precoci nelle scuole, per aiutarli nello sviluppare strategie alternative di apprendimento. Allo stesso tempo, dobbiamo lavorare sull’analizzare meglio le basi genetiche dei vari sottotipi di dislessia, che presenta una discreta eterogeneità a livello di domini cognitivi alterati, tuttora inesplorata. (30science.com)

Lella Simone