(30Science.com) – Roma, 22 feb. – Una rete neurale artificiale, in grado di collegarsi alle cellule biologiche di un modello vivente, è stata utilizzata per indurre la chiusura dei lobi di una Dionaea muscipula, o venere acchiappamosche, una comune pianta carnivora. Descritto sulla rivista Nature Communications, questo importante risultato è stato raggiunto dagli scienziati dell’Università di Linköping, in Svezia, che hanno sviluppato un sistema neurosinaptico artificiale capace di interagire con una matrice biologica.
Gli scienziati, guidati da Simone Fabiano, hanno realizzato dei neuroni artificiali che comunicano con lo stesso linguaggio delle controparti biologiche.
“L’idea è quella di sviluppare dei neuroni simili a quelli naturali – spiega Fabiano – abbiamo utilizzato dei materiali conduttori ionici ed elettronici organici che funzionano con l’accoppiamento di ioni ed elettroni. Questo approccio rende semplice la comunicazione tra i sistemi”. Il gruppo di ricerca ha collegato l’impianto a una pianta carnivora per dimostrare la possibilità di usare l’interfaccia in modo immediato ed efficace.
“L’obiettivo a lungo termine – continua lo scienziato – è quello di riuscire ad accoppiare reti neurali artificiali con reti biologiche complesse, come il cervello umano. Le applicazioni pratiche di questo sistema spaziano dalla medicina alla robotica. Grazie al nostro approccio potremmo permettere il recupero delle funzioni motorie in caso di lesioni cerebrali oppure implementare il senso del tatto nelle macchine androidi”.
I dispositivi elettronici neuromorfici si ispirano alla biologia naturale, spiegano gli scienziati, e superano le difficoltà esistenti relative alla scarsa biocompatibilità, alla bassa efficienza energetica e all’elevata complessità dei circuiti. Il team ha utilizzato dei transistori organici, composti da polimeri semiconduttori capaci di condurre corrente elettrica. Tali dispositivi risultano piuttosto differenti dai transistori al silicio usati nella tecnologia legata alla produzione di telefoni e computer, perché sfruttano semplici ioni come il sodio o il cloro per controllare il passaggio di corrente all’interno dei loro canali.
Questo processo richiama il funzionamento dei neuroni nel sistema nervoso biologico.
“Abbiamo scelto di lavorare con sistemi semplici come la venere acchiappamosche – sottolinea ancora Fabiano – e siamo stati in grado di indurre la pianta a chiudere i lobi. Siamo davvero entusiasti di questi risultati. Il prossimo step è quello di miniaturizzare i neuroni artificiali e renderli più veloci ed efficienti da un punto di vista energetico. Per la sperimentazione umana sarà necessario attendere ancora molto tempo, ma abbiamo iniziato a lavorare su un modello animale e siamo davvero contenti dei risultati preliminari che abbiamo ottenuto”.
Commentando e contestualizzando l’importanza della scoperta, il ricercatore evidenzia la centralità della ricerca multilivello, scevra da limiti e confini territoriali e nazionali. “Vivo in Svezia da diversi anni ormai – spiega – la mia famiglia e la mia vita sono qui. Sono convinto, però, che la ricerca in Italia stia compiendo molti passi in avanti. Ci sono moltissimi gruppi all’avanguardia in tutto il territorio nazionale. Molti giovani si stanno dedicando all’accoppiamento di reti neurali artificiali e biologiche. Spero che il nostro lavoro possa rappresentare una fonte di ispirazione e una base di partenza per altri gruppi di studiosi, non solo in Svezia o in Italia, ma in tutta la comunità scientifica”.(30Science.com)