(30Science.com) – Roma, 11 feb. – In occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, abbiamo fatto il punto della situazione con Flavia Zucco, dirigente di ricerca presso l’Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche e cofondatrice dell’associazione Donne e scienza, che si propone di sensibilizzare la comunità sull’uguaglianza di genere e di fornire alle giovani scienziate gli strumenti utili alla propria affermazione.
Qual è il quadro della situazione che si prospetta per le giovani ricercatrici?
Nel 2019 le posizioni di rilievo nel settore dell’educazione erano occupate dalle donne nel 26,2 per cento dei casi – dice a 30science la scienziata – si tratta di una percentuale ancora esigua, ma rispetto a quando il problema delle discriminazioni è stato sollevato, sono stati compiuti molti passi avanti. Credo che la nostra associazione, grazie anche e soprattutto al contributo della Commissione europea, abbia agito da apripista in questo importante scenario. si pensava che la scienza fosse un ambiente elitario, scevro da discriminazioni e pregiudizi di questo tipo. In realtà, c’erano, e ci sono ancora, diverse ambiguità, anche se nel corso della nostra attività abbiamo potuto constatare i significativi progressi che sono stati compiuti.
Quali sono i punti critici più significativi nel nostro paese?
In Italia – sottolinea l’esperta – oltre alla mancanza di modelli di ruolo, vige una sostanziale carenza nell’educazione alla scienza. In alcuni paesi europei durante gli anni della scuola primaria i bambini vengono sottoposti ad attività ludico-didattiche per stimolare la curiosità in discipline che, in Italia, vengono invece affrontate durante il liceo. Questo spiega anche perché nella cultura media non c’è una grande capacità di comprensione della scienza e dei meccanismi con cui va avanti. Ci sono ancora molti pregiudizi attorno alla figura femminile, che, secondo ancora troppe persone, non sarebbe portata per le scienze dure. Questa mentalità può contribuire a frenare i possibili entusiasmi tra le bambine che potrebbero essere interessate ad avviare carriere nelle facoltà. Tanto per fare un esempio, le ragazze che si iscrivono a percorsi di studi nelle discipline come ingegneria, matematica o fisica sono spesso circondate da uomini non solo tra i compagni di corso, ma anche tra i docenti, i rappresentanti, i rettori e i presidi, i cui ruoli sono difficilmente ricoperti da figure femminili. C’è da dire, però, che le statistiche degli ultimi anni indicano un lieve miglioramento della situazione, con un incremento di circa il 2 per cento nel numero di donne che si trovano tra le posizioni più elevate degli istituti accademici.
Come nasce e quali sono le principali attività dell’Associazione Donne e Scienza?
L’Associazione Donne e Scienza nasce ufficialmente nel 2003, ma già dalla fine degli anni ’90 il nostro gruppo di ricerca si impegnava a sensibilizzare la comunità scientifica, e non solo, sulle discrepanze di genere che emergevano nel settore. Volevamo rendere noto un problema e allo stesso tempo promuovere la figura delle donne nelle carriere scientifiche. È interessante sottolineare che la Commissione europea ci mise davanti a una delle contraddizioni più complesse di questo fenomeno: persino nelle facoltà umanistiche, dove la maggior parte delle iscrizioni (fino all’80 per cento) riguardava individui di genere femminile, le cariche più alte erano sempre, o quasi, ricoperte da uomini. In questo senso il lavoro e le attività della Commissione europea hanno contribuito a chiudere il gap tra scienze dure e discipline umanistiche. Nel corso degli anni, l’Associazione si è avvalsa di diversi strumenti per portare avanti il proprio obiettivo. Tra questi, una particolare rilevanza è stata assunta dalla rete EPWS (European Platform of Women Scientists), un’organizzazione che riunisce scienziate e organizzazioni impegnate nella parità di genere in tutte le discipline, e dal database She Figures, che fornisce, con frequenza biannuale, un quadro della situazione delle donne sul piano dirigenziale, accademico e di ricerca. Dagli ultimi dati emerge un lieve miglioramento in determinati settori, anche se le discrepanze tra le opportunità di genere sono ancora piuttosto notevoli. Ad esempio, nel rapporto del 2021, si legge che le donne con incarichi accademici di rilievo sono circa il 26,2 per cento, a fronte del dato precedente, che registrava per lo stesso parametro il 24,1 per cento.
Ci sono stati punti di contatto con le realtà internazionali?
Certamente, le esperienze di confronto che abbiamo vissuto con altre realtà internazionali hanno contribuito a evidenziare problematiche di diverso tipo legate alle iniquità di genere. Abbiamo formato delle reti di istituti di ricerca, avviando collaborazioni con altri paesi europei e non solo. Ricordo che il gruppo di lavoro con la Serbia e la Slovenia fu davvero interessante. In questa occasione ci siamo scontrate con delle problematiche completamente diverse da quelle che notavamo in Italia. A differenza di quanto percepito nel nostro paese, infatti, nelle nazioni ex comuniste le donne lavoratrici rappresentavano la normalità. Lo stereotipo da scardinare in questi casi era piuttosto l’idea che occuparsi delle faccende domestiche fosse una grave minaccia della virilità maschile. Con la caduta del regime politico, infatti, le giovani con un’occupazione avevano avuto serie difficoltà a causa della perdita di tutti gli aiuti sociali. Molte donne si ritrovavano a dover gestire sia la carriera lavorativa che la cura della prole. Gli uomini italiani sono in generale ancora un po’ refrattari ad occuparsi delle faccende domestiche, ma più per pigrizia che per un concetto atavico. C’è da precisare, inoltre, che le nuove generazioni sono sempre più orientate verso un’equità di genere nella distribuzione delle mansioni e delle incombenze familiari. In queste realtà abbiamo potuto davvero conoscere un mondo diverso, e affrontare problemi dalle sfaccettature più complesse, in un certo senso, rispetto a quello che avveniva in Italia.
Quali sono le prospettive per il futuro?
Per adottare strategie di intervento efficaci, sarà necessario cambiare le istituzioni. Alla luce di questi anni di attività, possiamo affermare che i passi compiuti sembrano andare nella direzione corretta. Ci sono molte iniziative che stanno contribuendo ad avvalorare le figure femminili e la loro importanza in tutti gli ambiti disciplinari. La Giornata delle donne e le ragazze nella scienza costituisce sicuramente un esempio positivo, che permette di affrontare il problema e discutere delle possibili azioni mirate a risolverlo. C’è ancora molta strada da compiere, ma sono fiera di aver avviato un percorso così importante.(30Science.com)