Alessandro Berlingeri

Scienza: 140 euro al chilo per la carne coltivata che vuole salvare il pianeta

(9 Dicembre 2021)

(30Science.com) – Roma, 9 dic. – Oltre 140 euro al chilo, è questo il costo attuale per la tecnologia alimentare dell’azienda olandese Mosa Meat in grado di produrre “carne coltivata” in laboratorio. Sono passati ormai 8 anni dalla presentazione del primo hamburger coltivato, ma, nonostante gli enormi abbattimenti dei costi di produzione, il prezzo finale per gli eventuali consumatori resta molto elevato.

Per fare il punto sulla situazione attuale nelle settimane scorsesi è svolto il webinar “Verso il futuro del cibo: la carne coltivata tra sicurezza alimentare, sostenibilità e percezione pubblica” sul tema del diritto al cibo, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali dell’Università di Parma, dalla Scuola di Studi Superiori in Alimenti e Nutrizione e dal Centro Studi in Affari Europei e Internazionali.

Il convegno ha costituito un momento di studio e riflessione sulla “carne coltivata”, prodotta mediante tecniche non tradizionali, quali la produzione in vitro partendo da una biopsia di cellule muscolari dell’animale. Questo prodotto, protagonista di sviluppi tutt’altro che meramente futuribili, pone profondi e importanti interrogativi, accanto ad evidenti potenzialità: dall’impatto sul benessere animale, a quello sulla sostenibilità e sul risparmio di risorse naturali, sino agli effetti sulla salute dell’uomo, dalle difficoltà regolatorie a quelle di mercato, strettamente correlate alla percezione del consumatore.

Un hamburger di manzo coltivato, sviluppato dal professor Mark Post dell’Università di Maastricht nei Paesi Bassi. ASSOCIAZIONE STAMPA Foto. Data di emissione: lunedì 5 agosto 2013. Cultured Beef potrebbe aiutare a risolvere l’imminente crisi alimentare e combattere il cambiamento climatico. La produzione commerciale di Cultured Beef potrebbe iniziare entro dieci o 20 anni. Il credito fotografico dovrebbe leggere: David Parry/PA

L’appuntamento fortemente interdisciplinare è stato aperto dal discorso di Federica Cheli dell’Università di Milano incentrato sulla sicurezza alimentare ed il benessere degli animali a livello europeo, un tema spesso meno affrontato rispetto alla ricerca stessa sulla fattibilità tecnica della produzione di “carne coltivata”, come la valutazione dei rischi correlata alla sua commercializzazione. L’intervento della professoressa Cheli ha descritto come per produrre una carne coltivata credibile per il palato umano, occorra analizzare accuratamente tutte le informazioni visive ed organolettiche che una persona acquisisce mentre mangia carne. Su questo fronte le informazioni nutrizionali fondamentali da affrontare sono: un approccio comparativo con la carne convenzionale, la qualità e quantità di macro e micronutrienti, la capacità di produrre carne coltivata personalizzata per differenti esigenze nutrizionali e la relativa allergenicità.

Un bel piatto di pasta con le polpette. Credit Mosa Meat

Tra i partecipanti all’incontro, Lucia Scaffardi, docente del Dipartimento di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali dell’Università di Parma, Christopher Bryant della University of Bath, Giulia Formici dell’Università di Parma, Jean-Francois Hocquette dell’Institut National de Recherche pour l’Agriculture, l’Alimentation et l’Environnement e Sghaier Chriki della ISARA AgroSchool for Life.
Nutrire una popolazione in costante aumento con risorse limitate rappresenta una delle sfide più delicate e importanti”, ha detto Maria Cecilia Mancini, docente del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Parma. “La parola d’ordine è che dobbiamo affrontare la necessità di costruire un sistema agroalimentare sostenibile e sano, nonché l’importanza di garantire la sicurezza alimentare. In questo contesto, le carni coltivate rappresentano la possibile risposta.”

credit: Mosa Meat

Il motivo per cui lo stiamo facendo è fondamentalmente il grande obiettivo di trasformare l’industria, il consumo e la produzione della carne in qualcosa di più sostenibile di quello che abbiamo attualmente”, ha esordito Mark Post della Maastricht University. Post, professore di ingegneria dei tessuti industriali sostenibili all’Università di Maastricht, è stato il primo al mondo, nel 2013, a presentare un proof-of-concept per la carne coltivata ed è il fondatore dell’azienda olandese di tecnologia alimentare Mosa Meat.
Attualmente l’allevamento del bestiame nel mondo determina l’8% dell’emissione di gas serra, l’80% delle cause di sfruttamento dei terreni agricoli, il 22% del consumo di acqua potabile, l’80% degli antibiotici utilizzati oggi e ogni giorno vengono macellati 205 milioni di animali.

Il processo inizia con una biopsia di un animale di appena mezzo grammo di tessuto contenente cellule staminali sia per la produzione di grasso che per la produzione di muscoli; quindi, dividiamo quelle cellule e le coltiviamo separatamente all’interno di bioreattori per poi raccoglierle alla fine”, ha continuato Post. Ad oggi, centri di allevamento nei Paesi Bassi da circa 250 esemplari bovini, sono in grado di produrre 35 tonnellate di carne all’anno e per raggiungere questo livello produttivo occorrerebbero quattro bioreattori da mille litri.

credit: Mosa Meat

Si stima che nel 2025 il 10% della popolazione mondiale cambierà le sue abitudini alimentari basandosi su una dieta di tipo vegetariano, una tendenza fortemente legata anche alla sensibilizzazione sui cambiamenti climatici e allo sfruttamento intensivo del bestiame. La percentuale di persone con una dieta vegetariana potrebbero aumentare fino 18% entro il 2030, con un 72% della popolazione che continuerà con un uso abituale di carne di origine animale. Il 10% mancante in questa stima si riferisce proprio alla percentuale della popolazione mondiale che potrebbe accettare ed avere accesso al consumo di carne coltivata, fino a raggiungere il 35% entro il 2040.

“Siamo in grado di creare qualcosa che è essenzialmente indistinguibile dalla carne come la conosciamo. Questo sarà importante perché alla fine i consumatori al supermercato guardano solo a due cose: qualità e prezzo”, ha precisato Mark Post. “Abbiamo visto i prezzi – finali per il consumatore – scendere del 98% nell’ultimo anno. Ora abbiamo raggiunto un costo di circa 140 euro al chilo, che è molto più basso di quello iniziale del 2013, ma è ancora troppo alto“. Il processo di “coltivazione” ha inizio con il prelievo da una vera mucca di un campione sotto anestesia locale di soli 0,5 grammi, quanto un granello di pepe o un seme di sesamo. Quel campione contiene circa 33.000 cellule miosatellite e partendo da questo granello di vera carne bovina è possibile produrre fino ad 80.000 hamburger.

Lo schema del processo di produzione nel bioreattore Credits: Mosa Meat

La crescita procede all’interno di bioreattori che fanno sì che le cellule muscolari si fondano naturalmente formando fibre lunghe 0,3 mm (miotubi) poste in un gel composto al 99% di acqua. Le fibre del campione crescono fino a diventare 800 milioni di filamenti di tessuto. Il tessuto muscolare raggiunge la maturità in combinazione con il tessuto adiposo, portando alla produzione di un hamburger praticamente indistinguibile dalla carne “vera” perché è carne vera, composta da tessuto muscolare e grasso.

Anche l’attore premio Oscar Leonardo DiCaprio ha investito nella società olandese Mosa Meat e sulla Aleph Farms, azienda israeliana anch’essa coinvolta negli studi sulla futura carne coltivata. DiCaprio vede la carne coltivata come una soluzione al cambiamento climatico, perché porterebbe una notevole diminuzione di emissioni di gas serra rispetto all’allevamento di animali attuale. “Uno dei modi più efficaci per combattere la crisi climatica è trasformare il nostro sistema alimentare”, ha spiegato DiCaprio. “Mosa Meat e Aleph Farms offrono nuovi modi per soddisfare la domanda mondiale di carne bovina, risolvendo al contempo alcuni dei problemi più urgenti dell’attuale produzione industriale di carne bovina.” (30Science.com)

Alessandro Berlingeri
Adoravo parlare di Fantascienza con mia madre prima di dormire e tirar fuori strane teorie anziché ascoltare le favole della buonanotte. La conseguenza? Una laurea in Fisica all’Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" con una tesi sui “Metodi per la Ricerca di Pianeti Extrasolari”. Mi dedico dal 2008 alla Divulgazione Scientifica ovunque sia possibile, nelle scuole, in grandi eventi pubblici, in musei, in grandi strutture scientifiche di Roma, radio, televisione, internet.. ovunque! Ho affiancato il tutto alle mie passioni di tutta una vita: il nuoto, la musica, il cinema ed ogni sfaccettatura nerd che si possa immaginare.