(30Science.com) – Roma, 12 ott. – Nel 1345 i marinai italiani erano a conoscenza dell’esistenza dell’America, ben 147 anni prima che Cristoforo Colombo compisse il suo famoso viaggio intercontinentale. Questa l’ipotesi formulata dagli scienziati dell’Università degli Studi di Milano, che hanno descritto il loro lavoro sulla rivista Terrae Incognitae. Il team, guidato da Paolo Chiesa, ha esaminato dei documenti antichi scritti dal frate milanese Galvaneus Flamma, nei quali il religioso si riferisce alla terra di ‘Markland’ o ‘Marckalada’.
Secondo gli esperti, questo luogo, citato anche da alcune fonti islandesi, rappresenterebbe un’area del Nord America. “Siamo in presenza del più antico riferimento al continente americano nel Mediterraneo – osserva Chiesa – anche se si tratta di una allusione piuttosto vaga”. Galvaneus, spiega l’autore, era un frate domenicano legato ad una famiglia che deteneva la signoria della città. Autore di diverse opere letterarie in latino, riporta una testimonianza preziosa per i fatti sugli avvenimenti contemporanei milanesi. La Cronica universalis, è considerata una delle sue ultime opere, rimasta incompiuta e non perfezionata. Il frate descrive in modo relativamente dettagliato anche la Groenlandia, sulla base delle informazioni raccolte dai marinai.
“Le voci che provenivano dai commercianti nel Nord-ovest erano troppo vaghe per risultare in una rappresentazione accademica o cartografica – aggiunge Chiesa – la Cronica universalis rappresenta tuttavia un’evidenza importante del fatto che molto tempo prima che Colombo partisse per il suo viaggio, circolavano notizie sul continente americano”. “Marckalada viene descritta come una lontana terra ricca di alberi, di flora e di fauna – continua – il che potrebbe sembrare banale, ma le regioni del nord Europa sono accomunate dall’aridità, come la Groenlandia o l’Islanda riportata da Adamo di Brema. Galvaneus cita le proprie fonti e ricostruisce le conversazioni che ha ascoltato, avvalorando le proprie scritture con elementi tratti da racconti reali o leggendari legati a tradizioni su terre lontane”.
Lo scienziato precisa che non esistono prove definitive del fatto che i marinai italiani o catalani viaggiassero in Islanda o in Groenlandia, ma le rotte commerciali erano probabilmente il mezzo migliore per scambiare informazioni, merci, beni e conoscenze. “I marinai citati da Galvaneus potrebbero inserirsi in questa dinamica – conclude Chiesa – i genovesi potrebbero aver riportato notizie su queste terre, sulla base delle testimonianze degli scozzesi, britannici, danesi, norvegesi con cui commerciavano”. (30Science.com)