(30Science.com) – Roma, 10 set. – La quantità di plastica presente negli oceani mondiali deve essere almeno quintuplicata: in tutto si stima infatti che ci siano almeno 24,4 trilioni di frammenti, con un peso compreso tra 82 e 578.000 tonnellate. Sono questi i nuovi risultati di uno studio appena pubblicato su Microplastics and Nanoplastics e presentato oggi a Marsiglia dove è in corso la Conferenza Mondiale della Unione Mondiale per la conservazione della Natura (IUCN).
“Questo nuovo studio – ha spiegato François Galgani, oceanografo specializzato in scienze ambientali presso Ifremer e coautore dello studio – pone la quantità di microplastiche negli oceani a 24.400 miliardi di frammenti, che rappresentano un peso compreso tra 82 e 578.000 tonnellate. La precedente stima su questa scala globale era del 2014 e le quantità erano ampiamente sottostimate. È soprattutto una questione di metodo di valutazione: erano stati presi in considerazione solo 1000 campioni, contro gli 8200 di oggi“.
L’obiettivo di questo studio internazionale, spiega il ricercatore francese è quello di “costruire un database che possa essere utilizzato per seguire l’evoluzione delle microplastiche nel tempo. L’ambito scientifico è quindi molto più ampio, con un uso più ampio ad esempio per le Nazioni Unite. Ma non siamo immuni a una nuova sottovalutazione del fenomeno. Gli sforzi scientifici sono stati decuplicati negli ultimi 20 anni per comprendere meglio questo inquinamento. All’improvviso c’è un effetto quasi matematico: più cerchiamo, più troviamo“.
“Queste cifre – ha chiarito – rappresentano un significativo cambiamento di scala: confermano che le microplastiche sono un grave problema di inquinamento e gli impatti su flora e fauna dovranno essere rivalutati. Tanto più che le microplastiche sulla superficie dell’acqua sono solo la punta dell’iceberg, perché il 95% di questo inquinamento finisce sul fondo. Data la quantità di rifiuti scaricati ogni anno in mare, è urgente ridurre questo flusso ininterrotto limitando i nostri rifiuti e migliorando il riciclaggio. Il miglior rifiuto resta quello che non si produce“. (30Science.com)