(30Science.com) – Roma, 5 ago. – Le concentrazioni di metano nell’aria della Siberia settentrionale dopo l’ondata di caldo dello scorso anno potrebbero essere attribuite alle formazioni calcaree e allo scioglimento del permafrost dovuto alle temperature medie più elevate. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati dell’Università di Bonn, in Germania, che hanno confrontato la distribuzione spaziale e temporale delle concentrazioni di metano in Siberia e le mappe geologiche della zona.
Il permafrost, spiegano gli autori, copre vaste aree dell’emisfero settentrionale, specialmente nell’Asia settentrionale e nel Nord America. Se si scongelasse in maniera repentina, principalmente a causa dell’aumento delle temperature medie provocato dai cambiamenti climatici antropogenici, i gas serra racchiusi nel ghiaccio potrebbero disperdersi nell’aria e contribuire all’effetto serra.
“Il metano è particolarmente pericoloso perché il suo potenziale di riscaldamento è molte volte superiore a quello dell’anidride carbonica – sottolinea Nikolaus Froitzheim, dell’Istituto di geoscienze presso l’Università di Bonn – secondo i nostri modelli, i gas derivanti dallo scongelamento del permafrost contribuiranno in modo significativo all’aumento delle temperature medie”.
I ricercatori sperano di ottenere maggiori informazioni in modo da capire quanto velocemente il metano può essere rilasciato in atmosfera. “Abbiamo stimato quantitativi davvero ingenti di metano nel sottosuolo della Siberia settentrionale – commenta Froitzheim – se anche solo una parte di queste riserve raggiungerà l’atmosfera potrebbero verificarsi impatti drammatici sul clima globale”. (30Science.com)