Roma – Nei servizi di cura e assistenza della salute mentale c’è una “terra di mezzo” in cui rischiano di perdersi la metà dei pazienti che devono attraversarla nel passaggio da adolescenti a giovani adulti. La transizione dai servizi di neuropsichiatria infantile a quelli per adulti, in Italia, è infatti troppo spesso brusca, disorganizzata ed alienante. Tanto che un paziente su due abbandona le cure, proprio nella fase più delicata della propria vita, quando probabilmente ne ha più bisogno. A puntare i riflettori sul problema è la Società Italiana di Psichiatria (SIP) nel suo 30° congresso nazionale, che si apre oggi a Bari. L’edizione di quest’anno, intitolata “Psichiatria agenda 2030: complessità, cambiamento, sostenibilità”, si prefigge di affrontare i principali temi relativi alla salute mentale, con particolare attenzione alle criticità attuali con uno sguardo al futuro, in un’ottica di rinnovamento che prepari i professionisti alle sfide dei prossimi decenni. “La transizione dai servizi di cura dalla neuropsichiatria infantile alla psichiatria dell’adulto è ancora complessa e critica”, dichiara Liliana Dell’Osso, presidente SIP, professore ordinario di psichiatria all’Università di Pisa. “Le conseguenze possono essere disastrose con il giovane paziente che si trova nel momento più fragile della propria vita e invece di una continuità di cure subisce una frattura”, aggiunge. “Questo mancato passaggio – afferma Emi Bondi, presidente uscente SIP e direttore del DSM dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – rischia di compromettere il percorso di cura e, non di rado, di peggiorare la situazione clinica, aumentando il rischio di abuso di sostanze psicoattive, abbandono scolastico e marginalizzazione”. Da uno studio pubblicato sul BMJ Mental Health è emerso che in Italia solo il 12% delle transizioni avvengono con successo, il valore più basso in Europa. Nel 22% dei casi non si conoscono gli sviluppi e solo per il 26% viene mantenuta la continuità della cura. “Tale discontinuità assistenziale – spiega Dell’Osso – è causata principalmente da tre fattori: la carenza di servizi specifici per la fase di transizione; una netta cesura organizzativa tra la Neuropsichiatria infantile e la Psichiatria dell’adulto; e l’applicazione di rigidi cut-off anagrafici che interrompono la continuità delle cure. Queste criticità hanno un impatto emotivo e sociale devastante, causando disorientamento nelle famiglie e un senso di abbandono e incertezza nei giovani riguardo ai tempi e alle possibilità di presa in carico”. Nonostante questo, la legislazione attuale impone che al compimento dei 18 anni d’età i giovani pazienti perdono il diritto a usufruire delle prestazioni nell’ambito della Neuropsichiatria infantile, tra cui anche la frequentazione dei centri diurni per adolescenti, rendendo dunque la transizione tra i vari servizi di cura delicata e complessa. “Il 75% dei disturbi mentali esordisce prima dei 25 anni, eppure il passaggio dai servizi per minori a quelli per adulti resta uno dei momenti più critici dell’intero percorso di cura”, sottolinea Guido Di Sciascio, segretario nazionale SIP e direttore DSM dell’ASL di Bari. “Non si diventa adulti all’improvviso, a 18 anni: servono percorsi di transizione strutturati, continui e personalizzati, che garantiscano presa in carico, accompagnamento e sostegno alle famiglie”, aggiunge. Ma i problemi di carattere strutturale non dipendono solo dalla legislazione. “La scarsa capacità dei servizi di dare riscontro effettivo ai giovani – continua Di Sciascio – è da imputarsi anche alla carenza di personale e alla mancanza di una formazione specifica sufficientemente adeguata, che a sua volta si tramuta in una mancanza di competenze tecnico-specifiche”. In questo contesto la SIP avanza tre linee di intervento concrete con l’obiettivo di trasformare l’approccio alla salute mentale in un sistema finalmente proattivo e preventivo. “Siamo convinti della necessità di attivare servizi multidisciplinari e multiprofessionali dedicati alla transizione, a bassa soglia di accesso, pensati specificamente per adolescenti e giovani adulti”, spiega Moreno De Rossi, vicepresidente SIP e direttore del DSM Azienda ULS3 Serenissima di Venezia. “È altrettanto fondamentale la definizione di linee guida e criteri di accreditamento condivisi tra società scientifiche per garantire omogeneità e qualità sul territorio nazionale. Infine, è importante – conclude – anche la realizzazione di una formazione condivisa tra la Neuropsichiatria infantile e la Psichiatria dell’adulto per rendere la transizione un processo integrato e non un mero ‘scarto’ organizzativo”. (30Science.com)