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Più asili nido più madri al lavoro, studio Ca’ Foscari

(28 Ottobre 2025)

Roma – Investire nell’ampliamento dei servizi pubblici per la prima infanzia ha un effetto diretto e molto significativo sull’occupazione femminile. È questa la conclusione principale dello studio “Does expanding nursery places affect mothers’ employment?”, coordinato dalla professoressa Ylenia Brilli del Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia, insieme a Francesco Andreoli (Università di Verona), Simona Fiore (Università di Verona) e Lucia Schiavon (Università Ca’ Foscari Venezia) nell’ambito del progetto RETAIN, finanziato dal programma Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (Prin). Tra i paesi europei, l’Italia è caratterizzata da uno dei tassi più bassi di occupazione femminile, e le opportunità di occupazione per le donne peggiorano dopo una gravidanza. Se nei paesi UE-27 il tasso di occupazione femminile è del 72,4%, in Italia risulta soltanto del 57,4% (dati 2024). Se consideriamo solo le madri, il tasso di occupazione in Italia scende al 54%. In altre parole, solo una madre su due lavora. Il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (PNRR) ha identificato l’espansione dell’assistenza per l’infanzia e la mobilitazione delle energie femminili come azioni politiche necessarie per promuovere l’offerta di lavoro per le donne e per le mamme. Per comprendere a fondo la relazione tra servizi educativi per la prima infanzia e occupazione femminile, la ricerca ha analizzato l’impatto del Piano Straordinario per lo Sviluppo dei Servizi per la Prima Infanzia (PSSSPI), una politica da 1 miliardo di euro varata dal governo italiano nel 2007 per aumentare i posti nei nidi e ridurre il divario tra Nord e Sud. I risultati, basati su un’analisi dei dati comunali e su un’indagine che ha coinvolto circa 1.500 madri in tutta Italia, non lasciano dubbi: nei comuni dove il piano ha portato a un aumento dell’offerta di asili nido, le madri hanno beneficiato di maggiori e migliori opportunità lavorative. L’aumento dei posti al nido ha causato un incremento del 16,8% nella probabilità per una madre di essere occupata dopo il congedo di maternità. Un effetto quasi interamente trainato dal rientro nello stesso posto di lavoro precedente alla gravidanza (+12,3%). L’efficacia della misura è legata direttamente alla sua capacità di rimuovere gli ostacoli principali al lavoro delle donne. Nei comuni in cui ci sono stati investimenti, la probabilità che una famiglia rinunci al nido per “assenza di asili nido” si è ridotta del 10,7%. Inoltre, si è registrato un drastico calo del ricorso a soluzioni di cura informale: la probabilità che sia la madre a occuparsi del figlio si è ridotta del 16,6%, mentre quella che se ne occupino i nonni è scesa del 21,7%. I risultati positivi sono ulteriormente confermati dalle analisi sui dati dell’indagine Istat sulle Forze di Lavoro, riferite ad un campione di circa 90 mila madri osservate tra il 2004 e il 2014. “Il nostro studio fornisce un’evidenza chiara e robusta: investire in asili nido non è solo una politica sociale, ma una potente leva per la crescita economica e la parità di genere – afferma la professoressa Ylenia Brilli, coordinatrice della ricerca. – Quando offriamo servizi accessibili e diffusi, non solo permettiamo alle madri di tornare a lavorare, ma le incentiviamo a farlo in modo stabile e qualificato, con benefici enormi per le famiglie, per le imprese e per l’intera economia del Paese. I dati dimostrano che questa è una delle strategie più efficaci per contrastare il child-related gap, ovvero il divario occupazionale di genere legato alla nascita dei figli, che in Italia è ancora particolarmente marcato.” La ricerca, presentata al workshop “RETAIN – Workshop on Incentives and Barriers to Maternal Employment” , utilizza un modello econometrico avanzato per isolare l’effetto causale dell’aumento dei servizi, garantendo l’affidabilità scientifica dei risultati. Il progetto RETAIN, finanziato dal programma Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (Prin), nell’ambito del PNRR – Cluster 2 “Cultura, Creatività e Società Inclusiva”, ha visto la collaborazione tra il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia, il Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università degli Studi di Verona, ed il Dipartimento di Economia dell’Università Bocconi, ed ha analizzato i fattori che determinano la bassa occupazione femminile in Italia, facendo luce sui principali ostacoli e approfondendo la comprensione delle implicazioni delle politiche familiari.(30Science.com)

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