Roma – Le particelle di polvere provenienti dai deserti come il Saraha e il Gobi svolgono un ruolo assai significativo, ma finora sconosciuto, nell’inquinamento atmosferico. E’ quanto emerge da uno studio guidato dalla Zhejiang University e pubblicato sulla National Science Review. La ricerca ha rivelato che, contrariamente a consolidati presupposti scientifici, le particelle di polvere del deserto, un tempo considerate troppo grandi e secche per ospitare reazioni chimiche significative, agiscono in realtà come “reattori chimici nel cielo”, facilitando la formazione di aerosol organici secondari (SOA), una componente importante delle particelle sospese nell’aria. Questa scoperta capovolge completamente l’opinione comune: finora gli scienziati ritenevano che tale SOA si formasse principalmente in particelle fini (submicroniche) o goccioline di nubi. Il coautore principale, il professor Zongbo Shi dell’Università di Birmingham, ha affermato: “Questa scoperta segna un importante passo avanti nella comprensione della chimica degli aerosol organici secondari. Abbiamo scoperto che la polvere invecchiata contenente acqua può agire come una spugna e un reattore, assorbendo gli inquinanti gassosi e trasformandoli in particelle che influenzano la nostra salute e il clima. Questo studio getta luce su un capitolo chiave della chimica atmosferica, ma rivela anche che le tempeste di polvere naturali della Terra hanno un ruolo molto più complesso e impattante sulla qualità dell’aria di quanto si sapesse in precedenza. Sottolinea l’importanza di includere questi nuovi percorsi chimici nei modelli climatici e di qualità dell’aria”. Il Prof. Weijun Li dell’Università di Zhejiang, primo autore dello studio, ha affermato: “Le tempeste di sabbia non sono solo un problema ambientale in sé, ma sono anche fattori chimici scatenanti del sistema climatico”. Per convalidare i loro risultati, il team ha combinato analisi microscopiche all’avanguardia con modelli computerizzati su scala globale. Hanno dimostrato che queste reazioni indotte dalla polvere potrebbero rappresentare fino a due terzi dell’aerosol organico secondario totale in alcune delle regioni più polverose del mondo, dal Nord Africa all’Asia orientale. L’inquinamento atmosferico da particolato fine è responsabile di milioni di morti premature ogni anno e contribuisce al cambiamento climatico. Capire come e dove si formano queste particelle aiuta a migliorare le previsioni, a indirizzare i controlli dell’inquinamento e, in definitiva, a proteggere la salute umana. Il dott. Akinori Ito dell’Agenzia giapponese per la scienza e la tecnologia marina e terrestre (JAMSTEC) ha affermato: “Svelare la ‘scatola nera’ delle reazioni superficiali sulle particelle di polvere umida è fondamentale per ampliare gli attuali confini della conoscenza e valutare con precisione l’impatto degli aerosol sul clima e sull’ambiente”. (30Science.com)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla
La polvere del deserto è uno dei maggiori fattori dell’inquinamento atmosferico
(6 Giugno 2025)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla