Roma – “C’è bisogno di un maggiore grado di consapevolezza e di una strategia che abbracci tutti i livelli del sistema nazionale se l’Italia vuole affrontare in modo adeguato la grade sfida delle materie prime critiche” Così Gianluca Maria Farinola, professore Ordinario di Chimica Organica presso l’Università di Bari, che, in qualità di Presidente della Società Chimica Italiana, si è reso promotore – tra gli altri – di un ampio convegno insieme all’Accademia dei Lincei, che lo ha ospitato, dedicato alle materie prime critiche ed al loro ruolo per consentire la transizione energetica. Il convegno – organizzato oltre che dai Lincei e dalla Società Chimica Italiana, dalla Associazione Italiana di Ingegneria Chimica, il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali, il Dipartimento di Scienze Chimiche e Tecnologie dei materiali del CNR e Confindustria Energia – ha visto accademici, professionisti, imprenditori e stakeholder coinvolti nelle problematiche delle materie prime critiche e della transizione energetica, tratteggiare lo stato dell’arte della questione delle “Materie prime critiche per l’energia” e confrontarsi sulle possibili soluzioni per il nostro pianeta ed in particolare per Italia ed Europa, soluzioni che troveranno forma più organica in un position paper che verrà pubblicato nelle prossime settimane. “ Quello delle materie prime critiche – continua Farinola – è un problema complesso che va affrontato necessariamente in un’ottica multidisciplinare, ed in cui la Chimica gioca un ruolo di grande importanza. Innanzi tutto, a volte si fa confusione tra terre rare e materie prime critiche. In realtà queste ultime non comprendono solo le terre rare ma sono un insieme più ampio di metalli e minerali, fondamentali in molti settori tecnologici di punta, incluse le tecnologie per lo sfruttamento delle fonti energetiche maggiormente ecosostenibili. Nell’ultimo elenco della Commissione Europea sono 34 ( ad esempio rame, alluminio, litio, cobalto, grafite, solo per citarne alcune). Il punto è che queste materie prime nel loro complesso sono spesso estratte e lavorate solo in specifici luoghi della terra, o sono legate a catene produttive monopolizzate da Paesi non sempre affidabili, e talvolta hanno dietro un ciclo di produzione che può avere un elevato impatto sociale e ambientale”. Per affrontare tutti questi profili servono delle strategie organiche che prendano in considerazione vari aspetti: “ Da quello politico – spiega Farinola – a quello tecnico scientifico passando per quello industriale. L’Europa lo ha capito e con il Critical Raw Materials Act ha fornito un quadro di insieme e determinati obiettivi per cercare innanzi tutto di ridurre la dipendenza continentale da canali di approvvigionamento troppo concentrarti, e quindi a rischio di contrazione, di queste materie prime. Ma non basta: dobbiamo concentrarci sui tre passaggi della produzione, del riciclo e della sostituzione per essere pronti a ciò che implicherà la transizione energetica. Produzione puntando sull’individuazione di fonti e miniere di queste materie – penso al lavoro di mappatura che compie l’Ispra a riguardo – così come su processi di trasformazione sempre più efficienti e meno impattanti ; riguardo il riciclo occorre acquisire ancora più consapevolezza di quanto i nostri rifiuti soprattutto elettronici siano oramai diventati una fonte essenziale che va gestita con maggiore efficacia e attenzione dal livello di cittadini fino ai vertici della organizzazione nazionale; e infine Sostituzione, vale a dire la ricerca indirizzata verso nuove materie più abbondanti, o meno difficili da reperire in termini di provenienza, e meno impattanti su ambiente e comunità che possano servire ai nostri scopi. Questo nella consapevolezza però che solo sulla lunga distanza la ricerca potrà offrirci quelle modifiche che ci permetteranno di sostituire alcuni materiali senza perdite di efficacia, ma valutando, in attesa, – nel breve e nel medio periodo – se queste perdite di efficienza vadano comunque accettate alla luce delle esigenze ecosistemiche, ambientali e socio-economiche”. “Si tratta di un impegno non rinviabile – conclude Farinola – al quale la comunità scientifica, a partire dal position paper che emergerà da questa conferenza, è pronta a dare il proprio contributo, ma che richiede lo sforzo congiunto di tutta la società”. (30Science.com)