Roma – La sicurezza per chi va in montagna con la bici è un tema di grande attualità. Lo dimostrano gli ultimi dati del Soccorso Alpino e Speleologico Trentino. Gli interventi per aiutare biker in difficoltà nel 2023 son stati 244 contro i 221 dell’anno precedente. Oltretutto la convivenza con gli escursionisti non sempre è facile. Non sono rari i casi in cui avvengono scontri lungo una strada stretta e scoscesa.
Per tentare di prevenire situazioni come queste al Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione si sta studiando come sviluppare un sistema per avvisare il ciclista della presenza di eventuali pericoli lungo il suo percorso.
Il sistema si baserà su tecnologie già esistenti, progettate per la prevenzione degli incidenti in contesti cittadini
L’idea è di Michele Segata, ricercatore del Disi che si occupa di telecomunicazioni che la sta sviluppando insieme a Michele Zucchelli, laureando del corso di laurea magistrale in Ingegneria dell’Informazione e delle Comunicazioni. Entrambi, facile intuirlo, appassionati di mountain bike.
A metà luglio i due studiosi hanno svolto una campagna di misurazioni in Val Gardena, in un suggestivo scenario che si snoda tra discese, sentieri e tornanti immersi nel verde all’ombra delle Dolomiti.
Scopo di questa attività, studiare l’applicabilità delle suddette tecnologie in ambienti avversi, utilizzando dispositivi di comunicazione standardizzati
Dopo un primo sopralluogo per la mappatura del territorio, hanno individuato i punti più interessanti da studiare lungo il tracciato (per esempio una zona in campo aperto, una invece tra molti alberi, un rettilineo o curve cieche).
I test sono stati fatti su due percorsi: uno di downhill riservato esclusivamente alle bici e un altro condiviso con escursionisti a piedi.
I dispositivi di comunicazione sono stati montati a bordo dei due veicoli, il primo fermo, il secondo in movimento. In un caso, per esempio, la bici è stata posizionata all’uscita da una curva per simulare la presenza di un ciclista caduto sul tracciato in un posto con scarsa visibilità, mentre l’altra sopraggiungeva. Ogni radio ha registrato le informazioni ricevute dall’altra inerenti alla qualità del segnale, in quale punto questo veniva perso, la distanza tra i due apparecchi.
Questa metodologia è stata ripetuta in ciascuno degli otto punti individuati per il rilevamento.
Acquisiti i dati, è stato il momento dell’analisi. Quello che è emerso finora è che le tecnologie funzionano bene ma permangono alcuni problemi legati all’ambiente e alla perdita del segnale GPS, necessario per la comunicazione in una delle tecnologie considerate nello studio.
Finora gli studi per migliorare la protezione degli utenti considerati a rischio della strada (pedoni, ciclisti e motociclisti) si sono concentrati sulle situazioni urbane, visto che è in città che si registra il numero maggiore di incidenti che li vede coinvolti. Mancavano però delle ricerche di questo tipo sull’ambiente montano.
«Esistono già tecnologie standardizzate per la comunicazione da veicolo a veicolo. Quello che noi volevamo capire è se funzionano anche in montagna, dove ci sono caratteristiche ambientali particolari e non sempre è presente un’infrastruttura cellulare» spiega Michele Segata.
Si tratta di uno studio preliminare. I passaggi successivi riguarderanno l’ingegnerizzazione dello strumento, la creazione dell’interfaccia con l’utente, il design dei componenti elettronici. Nelle intenzioni degli autori dello studio si prevede anche la possibilità di far partire automaticamente la richiesta di soccorso se il dispositivo rileva un incidente.
Il progetto si svolge in collaborazione con l’Università di Ulm. Il gruppo di ricerca dell’ateneo tedesco sta studiando come perfezionare le prestazioni delle tecnologie di localizzazione, per renderle più precise, e migliorare la comunicazione tra escursionisti e ciclisti.(30Science.com)
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UniTrento, meno incidenti in mountain bike grazie alla tecnologia
(19 Settembre 2024)
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