Roma – I capodogli possiedono strutture sofisticate simili a quelle del linguaggio umano. A scoprirlo i ricercatori del Ceti, Cetacean Translation Initiative. Nelle profondità oscure della zona di mezzanotte, un gigante dell’oceano porta le cicatrici dei calamari giganti che insegue. Cerca nell’oscurità, con la sua ecolocalizzazione che pulsa nella colonna d’acqua. Poi ronza, con una raffica di rapidi clic, appena prima di andare a uccidere. Ma, il modo esatto in cui i capodogli catturano i calamari, come molti altri aspetti della loro vita, rimane un mistero. “Sono nuotatori lenti”, ha detto Kirsten Young, scienziata marina dell’Università di Exeter. “I calamari, invece, sono veloci”, ha continuato Young. “Come possono i capodogli catturare i calamari se possono muoversi solo a 5,5 km/h”, si è chiesta Young. “I calamari si muovono molto lentamente? O sono le balene a stordirli con i loro vocalizzi? Cosa succede laggiù? Nessuno lo sa davvero”, ha aggiunto l’autrice. I capodogli non sono facili da studiare. Trascorrono gran parte della loro vita a foraggiare o cacciare a profondità fuori dalla portata della luce solare. Sono in grado di immergersi per oltre 3 km e possono trattenere il respiro per due ore. “A 1000 metri di profondità, molti esemplari del gruppo sono rivolti nella stessa direzione, affiancandosi l’un l’altro, ma in un’area di diversi chilometri”, ha spiegato Young. “Durante questo periodo parlano e fanno clic per tutto il tempo”, ha osservato Young. “Dopo circa un’ora, il gruppo risale in superficie in sincronia; poi ha la sua fase di riposo dove potrebbero rimanere in superficie per 15-20 minuti; poi si immergeranno di nuovo”, ha spiegato Young. Alla fine di una giornata di foraggiamento, dice Young, i capodogli si riuniscono in superficie e si strofinano l’uno contro l’altro, chiacchierando e socializzando. “Come ricercatori, non vediamo molto del loro comportamento perché non passano molto tempo in superficie”, ha dichiarato Young. “C’è una massa di cose che non sappiamo su di loro, perché stiamo vedendo solo una piccola istantanea della loro vita durante quei 15 minuti in superficie”, ha aggiunto Young. È stato circa 47 milioni di anni fa che i cetacei terrestri hanno iniziato a gravitare di nuovo verso l’oceano: 47 milioni di anni di evoluzione in un ambiente estraneo a quello terrestre. “È più facile tradurre le parti in cui il nostro e il loro mondo si sovrappongono, come mangiare, allattare o dormire”, ha affermato David Gruber, direttore e fondatore della Cetacean Translation Initiative, Ceti, e professore di biologia alla City University di New York. “Come mammiferi, condividiamo queste nozioni di base con gli altri, ma credo che diventerà molto interessante quando cercheremo di capire le aree del loro mondo che non si intersecano con il nostro”, ha notato Gruber. Ora, dagli elefanti ai cani, la tecnologia moderna aiuta i ricercatori a setacciare enormi serie di dati e a scoprire diversità e complessità precedentemente sconosciute nella comunicazione animale. Anche i ricercatori del Ceti hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per decodificare un “alfabeto fonetico dei capodogli”. Nel 2005 Shane Gero, responsabile della biologia del Ceti, ha fondato il Dominica Sperm Whale Project per studiare il comportamento sociale e vocale di circa 400 capodogli che vivono nei Caraibi orientali. Dopo quasi 20 anni e migliaia di ore di osservazione, i ricercatori hanno scoperto una complessità di vocalizzi mai osservata prima, rivelando strutture di comunicazione simili al linguaggio umano. I capodogli vivono in società matrilineari a più livelli, gruppi di figlie, madri e nonne, mentre i maschi vagano per gli oceani, visitando i gruppi per riprodursi. Sono noti per il loro complesso comportamento sociale e per il processo decisionale di gruppo, che richiede una comunicazione sofisticata. Per esempio, sono in grado di adattare il loro comportamento come gruppo quando si proteggono da predatori come le orche o gli esseri umani. I capodogli comunicano tra loro utilizzando sequenze ritmiche di clic, chiamate code. In passato si pensava che i capodogli avessero solo 21 tipi di coda. Tuttavia, dopo aver studiato quasi 9.000 registrazioni, i ricercatori del Ceti hanno identificato 156 code distinte. Gli scienziati hanno anche individuato gli elementi di base di questi codici, che descrivono come un “alfabeto fonetico dei capodogli”, molto simile ai fonemi, le unità di suono del linguaggio umano che si combinano per formare le parole. Ogni coda consiste in un numero di click rapidi compreso tra tre e 40. Si è visto che i capodogli variano la velocità complessiva, o il “tempo”, delle code, così come accelerano e rallentano durante l’emissione di una coda. “A volte aggiungevano un click in più alla fine di una coda, simile”, ha dichiarato Pratyusha Sharma, dottoranda al MIT e autrice principale dello studio. Queste sottili variazioni, secondo la ricercatrice, suggeriscono che i vocalizzi dei capodogli potrebbero contenere una quantità di informazioni molto più ricca di quanto si pensasse in precedenza. “Alcune di queste caratteristiche sono contestuali”, ha sostenuto Sharma. “Nel linguaggio umano, per esempio, posso dire ‘cosa’ o ‘che c’è!?’. È la stessa parola, ma per capire il significato bisogna ascoltare l’intero suono”, ha evidenziato Sharma. I ricercatori hanno anche scoperto che i “fonemi” dei capodogli possono essere usati in modo combinatorio, permettendo alle balene di costruire un vasto repertorio di vocalizzi distinti. L’esistenza di un sistema di codifica combinatorio, scrivono gli autori del rapporto, è un prerequisito per la “dualità del patterning”, un fenomeno linguistico che si pensa sia esclusivo del linguaggio umano, in cui elementi senza senso si combinano per formare parole significative. “Tuttavia – ha sottolineato Sharma – non si tratta di un fenomeno di cui si hanno ancora prove. “Quello che dimostriamo nei capodogli è che i codici stessi si formano combinando questo insieme di caratteristiche di base. Poi i codici vengono messi insieme per formare le sequenze di coda”. Proprio come gli esseri umani combinano i fonemi per creare le parole, e poi le parole per creare le frasi. “Prima di arrivare a porci domande sull’intelligenza dei caodogli, dobbiamo costruire una comprensione fondamentale di come i capodogli comunicano e di ciò che è significativo per loro”, ha specificato Gruber. “Li vediamo vivere vite molto complicate, la coordinazione e la raffinatezza dei loro comportamenti”, ha aggiunto Gruber. “Siamo al campo base: questo è un posto nuovo per gli esseri umani, dateci solo qualche anno”, ha asserito Gruber. “L’intelligenza artificiale ci sta permettendo di vedere la comunicazione delle balene più in profondità di quanto non abbiamo mai visto prima”, ha concluso Gruber. “Ma, non tutti sono convinti: gli esperti mettono in guardia da un’attenzione antropocentrica al linguaggio che rischia di costringerci a vedere le cose da una sola prospettiva. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
L’IA scopre l’“alfabeto fonetico” dei capodogli
(18 Luglio 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.