Valentina Di Paola

Scoperti gli adattamenti dell’orzo al clima

(11 Luglio 2024)

Roma – Una delle colture più importanti del mondo, l’orzo, è stata plasmata dalle pressioni agricole e dal mutevole ambiente naturale, fino a raggiungere le caratteristiche con cui è oggi conosciuta e apprezzata. A riportare sulla rivista Science i risultati di un lungo esperimento, gli scienziati dell’Università della California a Riverside. Il team, guidato da Daniel Koenig e Jacob Landis, ha valutato i risultati di uno studio iniziato nel 1929. I risultati sottolineano il potere delle indagini a lungo termine nella comprensione delle dinamiche dell’evoluzione adattiva. La sopravvivenza delle piante coltivate dopo la loro dispersione in diversi ambienti, spiegano gli esperti, è un classico esempio di evoluzione adattativa. L’orzo è stato coltivato oltre dieci mila anni fa, e rappresenta oggi una fonte di nutrimento fondamentale per le comunità umane e per il bestiame in Europa, Asia e Africa. Un’espansione tanto estesa ha inevitabilmente sottoposto la pianta a notevoli pressioni selettive, come la selezione dei tratti desiderati e la necessità di adattamento ad ambienti diversi. Ricerche precedenti sulle prime cultivar di orzo hanno facilitato la mappatura dei loci genetici che hanno contribuito alla sua diffusione, ma la velocità e le dinamiche dei processi alla base dell’espansione delle coltivazioni sono difficili da determinare in assenza di un’osservazione diretta. I ricercatori hanno utilizzato uno degli esperimenti evolutivi più antichi e duraturi, iniziato nel 1929, quando il gruppo di ricerca ha sviluppato l’incrocio composito di orzo II. Questa sperimentazione è stata avviata per adattare una popolazione geneticamente diversificata di 28 varietà di orzo alle condizioni ambientali di Davis, in California. Stando a quanto emerge dall’indagine. La selezione naturale ha contribuito a ridurre drasticamente le diversità iniziali, eliminando quasi tutti i genotipi iniziali e favorendo il predominio di un singolo lignaggio entro la 50esima generazione. Caratterizzata da alleli provenienti da ambienti di tipo mediterraneo, questa varietà superstite sembra essere associata a geni che svolgono un ruolo centrale durante l’adattamento. “Abbiamo trovato prove considerevoli del fatto che l’adattamento locale domina l’evoluzione – commenta Landis – tuttavia, nonostante i primi e rapidi guadagni nella resa in CCII, l’approccio di coltivazione evolutiva non è riuscita a tenere il passo con i miglioramenti ottenuti con i metodi basati sul pedigree”. “Questo lavoro è molto importante – concludono gli autori – comprendere perché i genotipi più competitivi prodotti durante l’adattamento locale non sono necessariamente quelli con la resa più elevata sarà di grande interesse in futuro”. (30science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).