Roma – Nei 30 giorni successivi al 7 ottobre 2023, data che segna l’attacco di Hamas a Israele, sia i bambini autistici che quelli non autistici hanno mostrato sintomi significativi di stress post-traumatico, con quelli autistici che hanno riposto in modo più pronunciato e i rispettivi genitori che hanno sperimentato livelli più elevati di depressione, ansia e stress. Lo studio, frutto della collaborazione tra ALUT, la Società israeliana per i bambini e gli adulti autistici, l’Università Bar-Ilan e l’Università Ben-Gurion sottolinea l’urgente necessità di un sostegno immediato e continuo alla salute mentale per tutti i bambini e i genitori colpiti dal conflitto. La ricerca è la prima in assoluto a studiare l’impatto della guerra sui bambini autistici e i loro genitori. Judah Koller, della Seymour Fox School of Education dell’Università Ebraica di Gerusalemme e la sua squadra, guidata dal dottorando, Shir Rozenblat, hanno trovato risultati preliminari allarmanti sull’impatto del terrorismo e della guerra sulla popolazione presa in esame. Lo studio, che si concentra sulle conseguenze psicologiche dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, evidenzia la necessità di servizi di supporto su misura per i bambini autistici e le loro famiglie durante i periodi di conflitto. Una maggiore vulnerabilità agli effetti della guerra, oltre che nei bambini affetti da autismo, è stata rilevata nei genitori di bambini autistici, che hanno riportato livelli significativamente più elevati di depressione, ansia e stress rispetto ai genitori di bambini non autistici. Questi tassi sono risultati da 2 a 4 volte superiori rispetto a quelli riportati da una coorte indipendente di genitori di bambini autistici valutati prima della guerra, in uno studio condotto dal Centro nazionale Azrieli per la ricerca sull’autismo e il neurosviluppo dell’Università Ben Gurion. La dipendenza dei bambini autistici dalla routine e dalla prevedibilità, che vengono gravemente interrotte durante gli attacchi terroristici e le guerre, sembra esacerbare le loro risposte allo stress. “Fare da genitore a un bambino in tempo di guerra è una sfida universale, ma i nostri risultati indicano che i bambini autistici e i loro genitori sono quelli più colpiti”, ha dichiarato Koller. “Questi bambini e le loro famiglie hanno bisogno di un supporto mirato per la salute mentale che tenga conto delle loro caratteristiche uniche”, ha continuato Koller. Lo studio ha utilizzato questionari online riferiti dai caregiver per raccogliere dati in modo rapido ed efficiente da un’ampia popolazione. Pur riconoscendo i limiti di generalizzabilità dovuti alle dimensioni e alle caratteristiche del campione, i ricercatori sottolineano l’importanza dei risultati preliminari come primo passo fondamentale di un’indagine longitudinale di un anno. Il gruppo di ricerca ha completato la raccolta dei dati di uno studio trasversale a metodi misti più ampio, che ha raggiunto una popolazione più vasta di bambini autistici e non autistici e i loro genitori. Questo sforzo, in collaborazione con Yonat Rum, anch’egli della School of Education, comprende analisi approfondite dello stress post-traumatico e della resilienza dei genitori, oltre a dati qualitativi sulle esperienze delle famiglie. “Il nostro obiettivo è quello di fornire una comprensione completa degli effetti della guerra su queste popolazioni fragili e promuovere i necessari servizi di supporto”, ha aggiunto Koller. I risultati evidenziano la forte esigenza di un sostegno immediato e duraturo alla salute mentale per tutti i bambini e i genitori colpiti dal conflitto. I ricercatori invitano i politici e gli operatori sanitari a dare priorità alle esigenze specifiche dei bambini autistici e delle loro famiglie, non solo in Israele ma anche in regioni colpite da simili conflitti. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
L’impatto psicologico della guerra è maggiore nei bambini autistici e i loro genitori
(10 Luglio 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.