Roma – Un gruppo di 20 ricercatori, provenienti dall’area delle Scienze Chimiche e delle Scienze Sociali (di cui 5 dell’Università di Torino), dopo aver condiviso una settimana di studio e approfondimento in occasione di una scuola invernale (http://catenerchem.cpe.fr), ha esplorato un’innovativa pratica interdisciplinare volta a costruire una scienza diversa da quella esistente, per affrontare alcune delle principali sfide ecologiche del XXI secolo. Da questa interazione è nato l’articolo An anthropocene-framed transdisciplinary dialog at the chemistry-energy nexus, pubblicato su Chemical Science, la rivista di riferimento della Royal Society of Chemistry (RSC).
Gli autori hanno fatto una valutazione dettagliata del ciclo di vita di cinque entità chimiche particolarmente critiche per la transizione energetica – anidride carbonica, idrogeno, metano, ammoniaca e materiali plastici – basata su un esame approfondito dei dati disponibili, delle direzioni strategiche di ricerca proposte da alcuni importanti attori pubblici e privati, in termini di conseguenze sia ecologiche che sociali. Ciò ha consentito di identificare esistenti tensioni reali e persino contraddizioni inconciliabili in alcune aree di ricerca.
Sulla base di un’analisi interdisciplinare alcune opzioni tecnologiche, seppur auspicabili dal punto di vista di un’analisi mono-disciplinare, si rivelano invece dannose dal punto di vista ecologico, sociale o economico. Gli autori hanno dimostrato che solo un dialogo profondo e radicale tra le discipline può rivelare queste tensioni e quindi portare a una ricerca più consapevole e informata delle sfide da fronteggiare.
Con un’analisi di tipo storico è stato possibile comprendere meglio le interconnessioni tra le molecole oggetto di studio e, più in generale, tra le diverse opzioni tecnologiche che più da vicino le riguardano. L’avvalersi della teoria dei giochi e dell’economia mette in luce i rischi associati ad un eccessivo ottimismo sulla capacità di alcuni percorsi di ricerca di essere finanziati e diffusi su scala nazionale o internazionale.Attingere agli studi culturali contribuisce ad accrescere la consapevolezza delle implicazioni Nord-Sud di alcune innovazioni, dando maggiore rilievo a visioni del mondo e del progresso diverse da quelle specifiche delle società del Nord globale. L’interesse per le scienze sociali permette inoltre di rimuovere potenziali conflitti d’utilizzo e di potere, legati alla disponibilità e al controllo dei materiali critici necessari per la produzione di alcune specie chimiche. Questi, riportati in dettaglio nello studio sono solo alcuni esempi della “fertilizzazione incrociata” che può avvenire attraverso un dialogo interdisciplinare.
“Di fronte alla crisi ecologica e alle sue molteplici sfaccettature, – dichiara Silvia Bordiga, docente del Dipartimento di Chimica UniTo – l’attuale approccio scientifico, dipendente ancora troppo da divisioni disciplinari e sub-disciplinari, e spesso non lascia spazio ad una completa condivisione degli strumenti e delle conoscenze delle Scienze Naturali (Biologia, Chimica e Fisica) e delle Scienze Sociali. Non riuscendo a stabilire stabili legami tra le discipline, la ricerca sta abdicando alla capacità di formulare soluzioni sostenibili. Questo studio è un invito ben documentato a sfruttare appieno la ricchezza delle varie discipline per costruire una scienza diversa da quella esistente, che sia in grado di offrire potenziali soluzioni alla crisi ecologica ed energetica”.
A proposito delle implicanze energia-chimica-mondo globale, cinque sostanze (l’anidride carbonica (CO2), l’idrogeno (H2), il metano (CH4), l’ammoniaca (NH3) ed i biopolimeri sono state analizzate in modo incrociato con il quadro di riferimento planetario e come parte di cinque “roadmaps” delineate da associazioni internazionali, considerate il riferimento per la definizione delle strategie politiche per la transizione energetica. Gli autori hanno inoltre considerato i punti di vista che emergono da altre discipline inerenti alla sfera umanistica (storia, economia, scienze politiche, etica etc.) per sottolineare che spesso si incontrano degli elementi di frattura rispetto a quanto emerso dalle aree più tecniche.
“In questo contesto – conclude Bordiga – riteniamo che gli elementi interdisciplinari della storia, dell’economia e dell’antropologia siano rilevanti per qualsiasi tentativo di analisi incrociata. Le intuizioni distintive e cruciali tratte da elementi delle scienze umane e sociali ci hanno portato a riconsiderare questioni aperte e possibili punti senza sbocco presenti nelle principali roadmap, sviluppate per guidare la ricerca chimica verso la transizione energetica. Riteniamo che queste questioni aperte non siano sufficientemente affrontate nell’arena delle Scienze Naturali, malgrado siano rilevanti per una piena comprensione dell’attuale crisi planetaria e per la nostra capacità di valutare correttamente il potenziale e i limiti dei risultati e delle proposte avanzate dalla ricerca scientifica”.