Lucrezia Parpaglioni

Morabito: “Worklimate 2.0 per prevenire gli infortuni sul lavoro prima che sia troppo tardi”

(24 Giugno 2024)

Roma – “Worklimate 2.0, prosecuzione del precedente progetto Worklimate iniziato nel 2020, nasce con l’intenzione di effettuare previsioni che prevengano gli infortuni sul lavoro, legati alle condizioni climatiche, prima che sia troppo tardi”, spiega Marco Morabito, dell’Istituto per la BioEconomia (IBE) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). “Il progetto – aggiunge Morabito – coordinato dall’IBE del CNR, assieme a INAIL e con il coinvolgimento di un partenariato marcatamente interdisciplinare, si occupa dell’impatto termico e ambientale sulla salute dei lavoratori”. “All’interno delle varie attività di progetto – dice Morabito – abbiamo sviluppato anche un sistema previsionale specifico per il settore occupazionale e, dunque lavorativo, che permette di ottenere previsioni di rischio in funzione di vari scenari espositivi”. “I rilievi di Worklimate e Worklimate 2.0 – ha osservato Morabito – hanno avuto risvolti importanti, in quanto sono stati utilizzati in passato e attualmente per l’emissione e la pubblicazione di alcune ordinanze regionali”. “Queste – ha continuato Morabito – hanno sempre riguardato esclusivamente regioni del Sud, in primis la Puglia, la Basilicata, la Calabria e la scorsa estate anche la Campania, e inizialmente erano indirizzate soltanto alla tutela della salute dei lavoratori del settore agricolo”. E aggiunge: “Più recentemente sono state estese anche al settore edile e a quelle del florovivaismo”. “E – sottolinea Morabito – da quest’anno, è notizia di pochi giorni fa, anche la Regione Lazio ha pubblicato un’ordinanza regionale che vieta l’attività lavorativa, nel settore agricolo, dell’edilizia e del florovivaismo, quando le previsioni di Worklimate 2.0 identificano una previsione di rischio alto per un profilo di lavoratore non adattato al caldo, esposto al sole e impegnato in attività fisica intensa”. “In questo caso – precisa Morabito – è vietato il lavoro nella fascia oraria compresa tra le 12 e 30 e le 16:00″. “È – commenta Morabito – una misura rigida e restrittiva, ma che ha l’obiettivo di sensibilizzare i lavoratori e, soprattutto i datori di lavoro, affinché si possano evitare infortuni che purtroppo avvengono ogni anno anche in relazione a condizioni termiche particolarmente critiche”. “Da quest’anno – prosegue il primo ricercatore – anche la Regione Lazio ha adottato lo stesso criterio delle regioni dell’Italia meridionale, che ogni anno si trovano a contrastare situazioni critiche di caldo, sempre più precoci e persistenti, e che nel Sud sono già presenti dal mese di maggio”. “La specificità di Worklimate 2.0 – evidenzia Morabito – è che è indirizzato al settore occupazionale, differenziandosi da quello gestito dal Ministero della Salute che è rivolto alla popolazione generale ed è valido solo per 27 città italiane, che sono considerate nel Piano nazionale per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute”. E precisa: “In quel caso la popolazione vulnerabile è soprattutto quella anziana, che però nella maggior parte dei casi non è impegnata in attività lavorative”. “Inoltre – nota l’esperto – il sistema del Ministero della Salute fa fede a soglie epidemiologiche città-specifiche basate sui dati di mortalità, ma quando si verifica l’evento estremo, che sia la morte o l’infortunio di una persona, è già troppo tardi per intervenire”. “Worklimate 2.0 – sottolinea Morabito – ha invece l’obiettivo di individuare le condizioni di criticità per lavoratori esposti a certe condizioni, che non è detto siano quelle comunemente legate al caldo estremo”. “Cioè – specifica l’esperto – non è necessario che si superino i 35 gradi Celsius affinché una condizione sia definita critica per un lavoratore, ma possono bastare già 30 gradi Celsius, o anche meno, se quel lavoratore è impegnato in un’attività fisica intensa o utilizza, ad esempio, dispositivi di protezione individuali”. “Il nostro – osserva Morabito – è un sistema operativo che richiede una gestione quotidiana di una grande molteplicità di dati, in grado di effettuare previsioni che, nel caso del modello meteorologico utilizzato nel progetto, arrivano ad una risoluzione di 2 km”. “Essendo una previsione – ammette Morabito – vi sono comunque sempre dei limiti legati al modello previsionale utilizzato che per sua natura è affetto da intrinseca incertezza”. “Per verificare situazioni in modo puntuale – precisa Morabito – è necessario un monitoraggio il loco”. E annuncia: “Stiamo lavorando proprio per sviluppare un sistema di monitoraggio in loco, così da potenziare il nostro sistema previsionale e conoscere la situazione che si sta verificando in una determinata zona in tempo reale”. E conclude: “Questo è il passo successivo che ci auguriamo presto di compiere”. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.