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Sitab, in Italia non ci sono cure per chi vuole smettere di fumare

(29 Maggio 2024)

Roma – La giornata mondiale senza tabacco è stata dedicata dall’OMS alla protezione dei giovani contro le “tattiche predatorie di marketing” dell’industria, affamata di guadagno, che si rivolge ai giovani in maniera subdola. La ragione è semplice: se i bambini e i gli adolescenti iniziano a usare nicotina saranno probabili clienti per tutta la vita. Ma questo allarme sembra non arrivare forte e chiaro in Italia, dove proprio nella ricorrenza del 31 maggio si organizzano conferenze e comunicati stampa per promuovere la vendita di sigarette elettroniche e tabacco riscaldato. “Più che la riduzione del danno – denuncia la Società Italiana di Tabaccologia (SITAB) – i nuovi prodotti sembrano puntare a riportare in alto i profitti delle compagnie del tabacco, visto che il crollo del consumo delle sigarette tradizionali in Italia e in altri paesi occidentali aveva fatto calare drasticamente nei decenni passati i loro introiti”. “Il nostro paese – afferma la Sitab – si trova negli ultimi posti (77° su 90) per interferenza dell’industria del tabacco verso il governo (Tobacco Industry Inferference Index, https://globaltobaccoindex.org), tanto da farci paragonare – in questo senso – ai paesi del Terzo Mondo. “I bambini utilizzano sigarette elettroniche più frequentemente rispetto agli adulti in tutte le regioni” – dichiara l’Organizzazione Mondiale della Sanità. I conti sono perciò presto fatti: questi dispositivi sono molto efficaci nell’arruolare i ragazzi (in Italia il 55% dei ragazzi tra i 13-15 anni li ha provati), non altrettanto utili a far smettere di fumare gli adulti”.
Revisioni di letteratura Cochrane hanno recentemente mostrato che le sigarette elettroniche (non il tabacco riscaldato) possono aiutare a smettere di fumare, migliorando di poco le percentuali di cessazione, ma ci sono molti dubbi sul tipo di studi considerati. “La Società Italiana di Tabaccologia
non è per principio contraria all’uso di sigarette elettroniche su prescrizione medica e all’interno di percorsi di cessazione definitiva. Il punto è che le e-cig non sono controllate come dispositivi medici o come farmaci, per cui ogni prodotto espone i consumatori alla lotteria di migliaia di prodotti diversi e poco conosciuti. Sono ormai numerosi gli studi che dimostrano presenza di metalli pesanti pericolosi e anche di altre sostanze nocive nel tabacco riscaldato e nelle e-cig. La nicotina, peraltro, non è innocua”. Danni cardiovascolari e degenerativi sono ormai noti da anni. “La soluzione – spigano gli esperti della SIab – non può essere perciò passare da un danno all’altro, mantenendo attiva la dipendenza. C’è di più: un piano serio per proteggere i cittadini dalle malattie causate dal tabacco richiede un approccio di sistema, fatto di più azioni. Per esempio, l’aumento della tassazione su tutti i prodotti (in Inghilterra il pacchetto costa 15 euro), la gratuità dei trattamenti, un vero controllo sui divieti di vendere sigarette elettroniche ai ragazzi. Finora però non sembra che questa soluzione interessi alle industrie, che puntano alla libera vendita (senza registrazione come dispositivi medici o farmaci), con una detassazione consistente. La “terza via” italiana appare come una via a “senso unico”: riduzione delle tasse per i produttori e libera vendita, ma nessun aiuto a chi vuole smettere definitivamente”. In Italia studi indipendenti hanno mostrato che i fumatori usano poco le sigarette elettroniche per smettere di fumare, che diventano invece spesso un modo per continuare a consumare nicotina anche dove è vietato fumare, mantenendo attiva la dipendenza. “In più del 80% dei casi – dice la Sitab –  chi consuma e-cig o tabacco riscaldato è consumatore duale (consuma cioè sia questi prodotti che le sigarette tradizionali). I fumatori vogliono e potrebbero smettere: ma non vengono offerte le cure. Dietro la “terza via” italiana c’è una bugia: che i fumatori non vorrebbero smettere e molti non sarebbero in grado di farlo. I dati ci dicono invece che il 30% dei tabagisti ogni anno ci prova e che le percentuali di successo dei trattamenti ben condotti sono altissime (fino al 40-50% di cessazione definitiva a 12 mesi). Il punto è che in Italia nel 2022 c’erano solo 241 servizi per il tabagismo, pochissimi per 10 milioni di fumatori. Ma il dramma è che nel 59% dei casi questi servizi “funzionano” con personale part-time (per esempio poche ore di un medico a settimana), nell’88% dei casi mancano addirittura di un infermiere e sono costituiti da operatori-pionieri che si sono formati da soli (nelle Università il trattamento del tabagismo non è una materia prevista nel curriculum degli studi)”. Se questa strategia fosse applicata ai reparti di chirurgia, troveremmo in sala operatoria chirurghi partime, addestrati con un corso serale di pochi giorni, costretti ad operare senza ferristi e infermieri. “Sarebbe facile, ma cinico – sottolineano i medici della Sitab – poi sostenere che gli interventi chirurgici non riescono e che i malati non possono guarire. Mancano fondi e interesse pubblici per fare formazione e ricerca indipendente, mentre l’industria investe grandi somme di denaro per ricerca e per formare la classe medica sulla riduzione del danno finalizzata a promuovere i loro nuovi prodotti. Infine, il trattamento del tabagismo non è dichiarato esplicitamente tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che le regioni sono obbligate a fornire, quando basterebbe una circolare ministeriale per indicare chiaramente chi se ne deve occupare e come”.(30Science.com)

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