Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Usare la fisica statistica per risolvere il problema del traffico

(30 Aprile 2024)

Roma – Utilizzare la fisica statistica per comprendere le dinamiche del traffico e ridurne l’impatto. E’ questo quanto proposto da un nuovo studio pubblicato sul “Journal of Statistical Mechanics: Theory and Experiment” (JSTAT), a firma di Alexandre Solon, fisico dell’Università della Sorbona, ed Eric Bertin, dell’Università di Grenoble, entrambi attivi per il Centre national de la recherche scientifique CNRS, Francia. Nella loro ricerca hanno sviluppato un modello matematico unidimensionale che descrive il movimento delle particelle in situazioni simili alle automobili che si muovono lungo una strada o ai batteri attratti da una fonte di nutrimento, che hanno poi testato con simulazioni al computer per osservare cosa accadeva al variare dei parametri. “Il modello è unidimensionale perché gli elementi possono muoversi solo in una direzione, come su una strada a senso unico a una corsia”, spiega Solon. È una situazione idealizzata, ma non così diversa da ciò che accade su molte strade dove puoi ritrovarti bloccato nel traffico delle ore di punta. I modelli da cui deriva questa ricerca provengono storicamente dallo studio del comportamento di atomi e molecole, ad esempio quelli contenuti in un gas riscaldato o raffreddato. Nel caso del modello di Bertin e Solon, tuttavia, il comportamento dei singoli elementi è un po’ più sofisticato di quello di un atomo. “Tra l’altro è stata inserita una componente di inerzia, che può essere più o meno accentuata, replicando ad esempio la reattività di un pilota al volante. Possiamo immaginare un pilota fresco e reattivo, che frena e accelera al punto giusto momenti, o un altro alla fine della giornata, più stanco e che fatica a rimanere in sincronia con il ritmo del flusso di macchine” spiega Solon. Effettuando simulazioni con valori diversi di alcuni parametri (densità degli elementi, inerzia, velocità), Solon e Bertin sono riusciti a determinare sia le situazioni in cui il traffico scorreva regolarmente o, al contrario, era congestionato, sia il tipo di ingorghi che si formavano: grandi e centralizzati, oppure più piccoli e distribuiti lungo il percorso, simile ad uno schema “stop-and-go”. Prendendo in prestito il linguaggio dalla meccanica statistica, Solon parla di transizioni di fase: “proprio come quando cambia la temperatura l’acqua diventa ghiaccio, quando cambiano i valori di alcuni parametri, un flusso regolare di automobili diventa una congestione, un nodo dove non è possibile alcun movimento”. Quando il sistema raggiunge una densità critica o quando le condizioni di movimento favoriscono l’accumulo piuttosto che la dispersione, le particelle cominciano a formare ammassi densi, simili agli ingorghi stradali, mentre altre aree possono rimanere relativamente vuote. Gli ingorghi, quindi, possono essere visti come la fase densa in un sistema che ha subito una transizione di fase, caratterizzata da bassa mobilità ed elevata localizzazione delle particelle. Solon e Bertin hanno così individuato le condizioni che possono favorire questa congestione. Alla formazione degli ingorghi contribuisce l’alta densità di veicoli, che riduce lo spazio tra un veicolo e l’altro e aumenta la probabilità di interazione (e quindi di rallentamento). Un’altra condizione sono le frequenti entrate e uscite dal flusso: l’aggiunta di veicoli dalla rampa di accesso o i tentativi di cambiare corsia in aree dense aumentano il rischio di rallentamenti, soprattutto se i veicoli tentano di immettersi senza lasciare spazio sufficiente. Un terzo fattore è la già menzionata inerzia nel comportamento degli automobilisti, i quali, quando reagiscono con un certo ritardo alle variazioni di velocità dei veicoli che li precedono, creano una reazione di frenata a catena che può portare alla formazione di un ingorgo. (30science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla