Roma – Quando si riceve una diagnosi di tumore al seno è possibile che i trattamenti oncologici causino disagi estetici e alterazioni della sfera sessuale, anche importanti. Una donna su due con carcinoma alla mammella, vive un drastico impoverimento della propria sessualità, con un andamento che peggiora nel tempo, e non va meglio per gli uomini. Questo perché le terapie ormonali utilizzate nel trattamento di una buona parte dei tumori al seno la cui crescita è stimolata dagli estrogeni, conducono a una soppressione di tali ormoni che rappresentano, però, il primo motore biologico della funzione sessuale.
Le disfunzioni sessuali coinvolgono aspetti fisici e psicologici. Durante i trattamenti non vi è nessuna ragione medica che richieda di sospendere l’attività sessuale, eppure capita a quasi tutte le donne, ma anche agli uomini, di perdere interesse per il sesso. All’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE), pazienti selezionati con diagnosi di tumore al seno, vengono invitati a redigere “Il mio diario della sfera sessuale”, versione personalizzata per donne e per uomini. Lo scopo è di raccogliere i sintomi relativi ai disturbi della sfera sessuale, e per questo motivo il diario è stato formulato in duplice forma, sia come questionario, per aiutare a esternare più facilmente i disturbi della sfera sessuale, sia come testo libero, per raccogliere pensieri sul vissuto percepito.
Per fortuna oggi grazie alla maggiore conoscenza di alcune problematiche, a una migliore informazione e comunicazione medico-paziente, sono disponibili soluzioni e opportunità che limitano i disagi delle terapie e aiutano donne e uomini a ritrovare un nuovo equilibrio. È sempre importante ricordare l’importanza della prevenzione: più precoce è l’intervento terapeutico, migliore è la possibilità di un esito favorevole anche per quanto riguarda l’intimità sessuale.
Questi e altri temi sono stati affrontati oggi all’Istituto Regina Elena, alla seconda edizione del Convegno dal titolo “Carcinoma della Mammella nelle Giovani fertilità, sessualità, estetica e dintorni”, che ha visto la partecipazione dei massimi esperti del settore, e organizzato da quattro oncologhe: Patrizia Vici Oncologa Responsabile della UOSD Sperimentazioni di fase IV IRE, Teresa Gamucci, UOC Oncologia degli Ospedali Sandro Pertini e S. Eugenio-Roma, Grazia Arpino, Professore Associato Oncologia Medica Università di Napoli Federico II, Mimma Raffaele, Oncologia Medica Ospedale Sant’Andrea-Roma.
“Le pazienti, donne soprattutto – dichiara Patrizia Vici – sono molto precise e corrette nel redigere il diario, possiamo quindi considerare i dati che raccogliamo attendibili. E attestano che la dimensione del problema è più grande di quello che si pensava, proprio perché prima il tema della disfunzione sessuale causata dalla diagnosi di tumore al seno e dalle terapie, non era argomento di discussione tra i clinici. Noi oncologi discutevamo di risposta ai farmaci e aspettativa di vita. Adesso parliamo sempre più di qualità di vita dopo il cancro!”
L’induzione rapida della menopausa, a causa dei farmaci, ha un impatto psicologico molto forte soprattutto fra le donne più giovani (20-40 anni) che devono affrontare la scomparsa delle mestruazioni e la necessità di rinunciare o, più spesso, rimandare di qualche anno, a una maternità forse desiderata e non ancora realizzata. I cambiamenti dell’immagine corporea e gli effetti collaterali dei trattamenti come la caduta dei capelli, possono incidere negativamente sull’immagine del sé, sul sentirsi a proprio agio e attraenti.
La carenza di estrogeni e di testosterone oltre al calo del desiderio sessuale, potrebbero causare disagi fisici come la riduzione nelle donne della lubrificazione vaginale, con secchezza e difficoltà ai rapporti. Inoltre la contrazione difensiva del muscolo “elevatore dell’ano” chiude in basso il bacino, restringe l’entrata vaginale e causa ancor più fastidio nel rapporto, aumentando anche il rischio di cistiti. L’ecosistema vaginale, quell’insieme di microrganismi amici, che in età fertile protegge la vagina dai germi invasori, potrebbe mutare: senza estrogeni scompaiono i lattobacilli, con maggiore vulnerabilità a “vaginite atrofica”.
La “soluzione” delle problematiche è “multifattoriale” e comprende tutta una serie di azioni e comportamenti che possono realmente dare beneficio alle pazienti e ai pazienti. È importantissimo intervenire negli stili di vita, con esercizio fisico quotidiano che aiuta a mantenere una migliore forma del corpo, contrasta l’aumento di peso, riduce l’infiammazione generale e i sintomi della menopausa nella donna, riduce il rischio di linfedema, migliora l’umore. Una dieta povera di grassi, proteine animali e zuccheri come il glucosio, migliora il profilo di salute, riduce i rischi metabolici e cardiovascolari associati alla menopausa precoce. Infine, mantenere una vita socialmente attiva migliora l’umore e aumenta la possibilità di essere aiutati. Se il ritorno alla vita sessuale diventa difficile, può essere utile una consulenza psico-oncologica e sessuologica, intesa come parte integrante del percorso di cura, perché incide in modo positivo anche sull’aderenza alle terapie.
Facilitano la lubrificazione vaginale antinfiammatori non ormonali di uso locale, come la palmitoiletanolamide (PEA) in cannule. Probiotici per via vaginale, come il Lactobacillus P 17630, migliorano le capacità di difesa verso i germi patogeni, e riducono il rischio di vaginiti e cistiti. Alcuni integratori naturali come il destro-mannosio, riducono l’aggressività dell’Escherichia coli e delle cistiti. Gli esercizi per rilassare il muscolo elevatore dell’ano contratto, mediante automassaggi con olio di iperico o palmitoiletanolamide in gel, migliorano l’elasticità e il benessere delle mucose. Da considerare inoltre, per entrambi i sessi, fisioterapia e farmaci (diosmina esperidina) per prevenire e ridurre il linfedema al braccio presente nel 20-25% dei pazienti che si sottopone a intervento di asportazione dei linfonodi ascellari.
Oggi, è spesso possibile avere una gravidanza anche dopo trattamento ormonale. Esistono strategie disponibili come la conservazione degli ovociti, che limitano il rischio di riduzione della fertilità. Presso l’IRE dal 2018 è attivo il Centro per la Tutela dell’Oncofertilità che comprende l’ambulatorio di oncofertilità e la Banca del Tessuto Ovarico e Cellule Germinali (BTO), unica della Regione Lazio. L’attività clinica e di ricerca degli IFO Regina Elena puntano non solo alla guarigione dei malati, ma anche al mantenimento dei loro obiettivi futuri, compresi quelli di una progettualità familiare.
Una volta superata la paura del cancro, l’attenzione delle pazienti si sposta sul vivere bene con sé stesse e sul “sentirsi belle”. “Soprattutto noi oncologhe donne – conclude Patrizia Vici – riceviamo una grande quantità di richieste da parte delle pazienti sulla possibilità di potere o meno effettuare trattamenti estetici, assumere integratori e rimedi naturali. In generale la scelta è libera. Sicuramente quello che non si può fare è assumere preparati ormonali, che vanno in contrasto con le terapie. Questo vale anche per via topica, endovaginale e cutanea, perché comunque comporterebbe un assorbimento che è importante evitare. La medicina estetica si sta dedicando sempre più a pazienti oncologici e quindi la cosa importante è affidarsi sempre a professionisti del settore, come i nostri colleghi del San Gallicano”. (30Science.com)