Roma – Tre progetti vincitori, due fondazioni, un obiettivo comune: far proseguire i più interessanti progetti di ricerca nel campo delle malattie infettive emergenti.
Natalia Tiberti, che all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria studia i bio-marcatori per contribuire alla diagnosi precoce di febbri acute. Roberto Rusconi che in IRCCS Istituto Clinico Humanitas studia i biofilm batterici per comprendere come questi biofilm si formano e perché resistono agli antibiotici. Paolo Gabrieli che all’Università degli Studi di Milano sta sviluppando nuove tecniche eco-compatibili di controllo delle zanzare.
A loro sono stati assegnati i 150mila euro di ciascuna borsa finanziata dalla Fondazione INF-ACT, in collaborazione con la Fondazione Armenise-Harvard. Una borsa speciale perché per accedere al finanziamento, i candidati affiliati a uno dei 25 partner del Consorzio INF-ACT, dovevano essere in attività da almeno cinque ma meno di 12 anni.
I tre progetti di ricerca sono stati selezionati attraverso le rigorose procedure della Fondazione Armenise-Harvard, e scelti perché accomunati da un approccio innovativo alla ricerca sulle malattie infettive per gestire al meglio l’emergere di possibili nuove epidemie.
“Siamo molto soddisfatti perché abbiamo ricevuto candidature da ricercatori impegnati nei diversi aspetti che le malattie infettive emergenti richiedono di fronteggiare, con approcci innovativi, trasversali e multidisciplinari. Questi fondi costituiscono un’ulteriore assegnazione di risorse destinate alle attività ricerca all’interno del progetto PNRR gestito dalla Fondazione INF-ACT in risposta ad un bando interno che abbiamo voluto fosse esplicitamente dedicato ai ricercatori “mid-career”. Le tre borse assegnate garantiranno a questi validi scienziati di proseguire i loro studi e di esplorare le potenzialità della moderna ricerca scientifica, in cui la salute umana è interconnessa alla salute animale e ambientale (One Health)”- dichiara Federico Forneris, presidente della Fondazione INF-ACT.
“La scarsità, tra i finanziamenti, di fondi dedicati a chi è a metà del proprio percorso professionale, spesso mette a rischio carriere avviate, compromettendo la possibilità di portare a fruizione gli investimenti fatti in fase di avvio di un laboratorio e, soprattutto, rischia di vanificare il raggiungimento delle scoperte scientifiche. L’esperienza di oltre 20 anni della Fondazione Armenise Harvard è emblematica: col programma Career Development Award (CDA) abbiamo sostenuto le ricerche in Italia di oltre 30 scienziati che, a loro volta, hanno raccolto fondi per quasi 100 milioni di euro, pubblicando più di 1000 peer-reviewed paper con un H-index medio di 26 e più di 4300 citazioni medie. Nonostante ciò, però, anche i nostri ricercatori soffrono di questa situazione inaccettabile.“ – dice Elisabetta Vitali, direttore dei programmi italiani alla Fondazione Armenise Harvard.(30Science.com)