Roma – Grazie a un finanziamento europeo, un gruppo di lavoro dell’Università di Trento lavorerà per i prossimi quattro anni a progettare un robot che sia in grado, da solo, di modificare i suoi comportamenti e adattarli a situazioni diverse, senza l’intervento dell’essere umano. L’idea dell’Ateneo trentino va oltre i limiti attuali. È stata sviluppata da Matteo Saveriano, ricercatore del Dipartimento di Ingegneria industriale che del progetto è coordinatore europeo. L’obiettivo del progetto Inverse è creare robot che abbiano capacità cognitive necessarie per comprendere l’ambiente circostante, comprese le intenzioni e i bisogni umani, per stabilire quali azioni compiere, cambiarle, correggere attivamente le esecuzioni difettose. Robot interattivi ma anche intuitivi. “Siamo partiti – spiega Matteo Saveriano – da un problema ben preciso che riguarda il mondo del machine learning che è la generazione di comportamenti sicuri e sensati dei dispositivi fuori dal mondo dei dati di training acquisiti con gli algoritmi di intelligenza artificiale”. In particolare, il progetto affronta il problema di invertire in completa autonomia un compito precedentemente appreso da un robot, senza cioè l’intervento di un operatore. I campi di applicazione sono due: nell’industria automobilistica e nell’industria meccanica pesante. Nel primo caso il sistema verrà testato per assemblare, smontare e riciclare le batterie dei veicoli elettrici. Il robot sarà dunque istruito per montare una batteria. Ma lo scopo finale del progetto è che lo stesso robot utilizzi questa conoscenza per esplorare le necessità dell’ambiente in cui opera e smantellare l’apparecchio.
Nell’industria meccanica pesante il sistema sarà impiegato per favorire invece un’interazione intelligente tra operatore, robot e carroponte automatizzato. In questo caso si punta ad automatizzare l’utilizzo dei carriponte, macchinari impiegati per il sollevamento e lo spostamento di oggetti metallici, pesanti e di grandi dimensioni, da un punto all’altro dell’azienda. Al momento queste operazioni vengono fatte da un operatore o operatrice che allo stesso tempo deve guidare il carroponte ed eseguire una mansione spesso in posizioni scomode e pericolose, che possono causare incidenti. Il robot andrà quindi a sostituire la componente umana in compiti che sono rischiosi o poco ergonomici. Il/la macchinista rimarrà come controllo di alto livello di tutto il processo produttivo. “La nostra idea – aggiunge Saveriano – è quella di assegnare all’operatore o all’operatrice dei compiti meno ripetitivi e meno faticosi in modo che possa utilizzare tutte le facoltà intellettive che sono proprie dell’essere umano come la fantasia, la capacità di risolvere problemi che la macchina non riesce a fare in tempi brevi. Vorremmo delegare al robot la parte di interazione con i materiali da movimentare e mettere invece le persone in una posizione più sicura. Si dedicherebbe così a supervisionare l’intera azione e a fare in modo che sia il più precisa possibile”.
Un progetto in linea con le politiche che l’Unione europea sta portando avanti sull’economia circolare e green. Uno dei grossi problemi dell’industria dell’automotive riguarda proprio il riciclaggio dei componenti delle batterie. Pezzi che oggi vengono costruiti da diversi produttori, ciascuno con tecniche di assemblaggio diverse. Differenziare, smaltire, recuperare questi materiali è un’operazione molto complessa perché ogni batteria sarà diversa dall’altra. La proposta di Inverse è automatizzare questo processo sviluppando soluzioni altamente innovative e tecniche di apprendimento flessibili di intelligenza cognitiva che si adattino velocemente al contenuto della batteria.
Oltre a questo, i robot saranno in grado di rilevare l’efficienza energetica di un prodotto, le quantità di gas a effetto serra emesse, i materiali utilizzati e il loro tasso di riciclaggio, per contribuire alla filiera dello smaltimento di rifiuti industriali.
Ma l’aspetto sostenibile del progetto non si ferma qui. Gli studiosi vogliono anche fare in modo che lo stesso robot addestrato per assemblare qualcosa può essere, con piccole modifiche, impiegato per smontare gli stessi oggetti, dimostrando dal punto di vista scientifico che questo sia più vantaggioso rispetto a riprogrammare dispositivi da zero.
Inverse è frutto della collaborazione dei laboratori interdipartimentali di robotica Idra dell’Università di Trento, nei quali è stato coinvolto anche il Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’informazione che partecipa al progetto.
Aderiscono dieci partner, di cui sei sono istituzioni universitarie e di ricerca: consorzio Create dell’Università Federico II di Napoli, Università di Vienna, Technical Research Centre of Finland, Agenzia spaziale tedesca (Dlr), le Università di Mondragon (Spagna) e di Bogazici (Turchia). Gli altri quattro appartengono al mondo industriale: Centro ricerche Fiat, KroneCrane AG, Steinbeis Europa Zentrum, MTU Civitta Foundation.
Si tratta di un progetto RIA – Research and Innovation Action – che ha avuto un finanziamento di otto milioni di euro coperto interamente dalla Comunità europea. Il progetto partirà a gennaio. L’intento del gruppo di ricerca è quello di realizzare il primo prototipo di robot testato in laboratorio in un ambiente che simula quello industriale entro il 2027.(30Science.com)