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Cani e gatti come serbatoi del virus della rabbia e del SARS-CoV-2

(18 Ottobre 2023)

Roma – Gli animali da compagnia sono possibili veicoli di infezioni e malattie, ancora in gran parte sottovalutati. Inoltre, la dinamica dei rischi legati ai contatti tra esseri umani e animali domestici è in continua evoluzione, influenzata dai cambiamenti sociali e ambientali degli ultimi anni. A dirlo è un gruppo di ricercatori internazionale in un articolo appena uscito su Science Translational Medicine. La rabbia è da lungo tempo una delle malattie infettive più temute che gli esseri umani contraggono dagli animali. La rabbia è causata da un rhabdovirus ed è invariabilmente letale per gli esseri umani una volta che l’infezione è stabilita. Storicamente, i cani sono stati responsabili della maggior parte delle infezioni associate alla rabbia tra le specie domestiche. Nonostante un calo dei casi associati ai cani a livello globale e gli sforzi di controllo, la rabbia continua a circolare a prevalenze molto basse in diverse località, in particolare in Africa, nell’Asia sudorientale e in alcuni paesi dell’America del Sud. Gli esseri umani di solito non vengono vaccinati contro la rabbia, e il mantenimento della copertura vaccinale negli animali domestici è la principale risposta di sanità pubblica, ma ciò richiede tipicamente richiami annuali e si basa sulla proprietà responsabile. Senza una diffusa vaccinazione degli animali domestici, i cani e i gatti randagi, insieme ai gatti che escono all’aperto, sono a rischio elevato per la rabbia, in parte a causa della loro stretta vicinanza a ospiti selvatici (come procioni, tassi e volpi nelle Americhe) e alla probabilità relativa di interazioni con gli esseri umani. L’aumento delle popolazioni di gatti randagi e l’incapacità dei proprietari di permettersi cure veterinarie complete significano che la rabbia è attualmente una delle più preoccupanti minacce di malattie zoonotiche da parte dei gatti, specialmente tra i gatti che escono all’aperto. Al di fuori del continente africano, i gatti potrebbero ora essere considerati un rischio predominante di rabbia; a partire dal 1988, i gatti sono stati la prima specie domestica a trasmettere infezioni di rabbia agli esseri umani negli Stati Uniti. Un’altra minaccia sottovalutata, secondo i ricercatori, sono le trasmissioni di coronavirus alle popolazioni umane. All’inizio della pandemia di COVID-19, dopo un rapporto di rilevamento di SARSCoV-2 nei cani, è apparso evidente che i gatti stavano diventando infetti, basandosi sull’infezione di tigri e leoni al Bronx Zoo di New York City. A causa di questa scoperta e dell’attenzione generata dai test sugli animali all’inizio della pandemia, i gatti sono stati considerati un rischio di alto profilo come serbatoi di SARS-CoV-2. Man mano che la pandemia proseguiva, la maggior parte dei casi nei gatti si è rivelata asintomatica, e la trasmissione agli esseri umani è stata confermata ma è rara. Tuttavia, il virus può circolare ampiamente tra i gatti, ma il rischio per la salute pubblica dai gatti è ora considerato basso. Sono stati sviluppati vaccini per l’uso nei gatti, ma non sono stati mai adottati per un uso diffuso, ad eccezione di alcune specie animali in zoo/specie in pericolo. Come per tutti gli studi su SARS-CoV-2, è importante valutare i singoli lignaggi virali, specialmente con la variante Omicron, poiché si sono verificati cambiamenti virologici significativi. Gli autori dichiarano che è necessario un approccio Integrato per proteggere la salute di persone, animali ed ambiente. L’approccio “One Health” è cruciale per affrontare le sfide emergenti legate alle zoonosi. La comprensione delle dinamiche ecologiche e molecolari dei rischi zoonotici legati agli animali domestici è essenziale per la salute pubblica. La nostra interazione con gli animali, inclusi gli animali da compagnia, gioca un ruolo centrale nella diffusione dei patogeni, e una gestione oculata di tali rischi è di importanza critica per la salute umana, animale ed ambientale, concludono gli autori. (30Science.com)

 

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