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Scoperte le stelle giganti che hanno forgiato gli ammassi più antichi dell’universo

(4 Novembre 2025)

Roma – Un team internazionale guidato da Mark Gieles, ricercatore ICREA presso l’Istituto di Scienze del Cosmo dell’Università di Barcellona (ICCUB) e l’Istituto di Studi Spaziali della Catalogna (IEEC), ha sviluppato un nuovo modello che spiega come stelle estremamente massicce, fino a 10.000 volte la massa del Sole, abbiano plasmato la nascita e l’evoluzione iniziale dei più antichi ammassi stellari dell’universo. Lo studio è pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Gli ammassi globulari, sfere dense composte da centinaia di migliaia di stelle, rappresentano vere e proprie “capsule del tempo cosmiche”, risalenti a oltre dieci miliardi di anni fa. Le loro peculiari firme chimiche – con abbondanze anomale di elio, azoto, ossigeno e magnesio – hanno a lungo sfidato gli astrofisici. Il nuovo modello, basato sulla teoria dell’“inertial inflow”, mostra che nei primi milioni di anni dopo la formazione, la turbolenza del gas ha favorito la nascita di stelle supermassicce capaci di arricchire l’ambiente circostante con i prodotti della combustione nucleare.

“Bastano poche stelle estremamente massicce per lasciare un’impronta chimica duratura su un intero ammasso – ha spiegato Gieles –. Il nostro modello collega finalmente la fisica della formazione degli ammassi globulari alle firme chimiche che osserviamo oggi”. Le ricercatrici Laura Ramírez Galeano e Corinne Charbonnel, dell’Università di Ginevra, sottolineano che queste condizioni forniscono una spiegazione naturale per le differenze chimiche osservate negli ammassi più antichi.

Secondo gli autori, le stelle supermassicce si formano e muoiono in tempi rapidissimi – uno o due milioni di anni – prima che esplodano le prime supernove, garantendo che il gas resti privo di contaminazione. Questi processi, oltre a spiegare le firme chimiche dei sistemi stellari più antichi, offrono anche una nuova chiave per comprendere le prime galassie e l’origine dei buchi neri intermedi.(30Science.com)

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