Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Dai funghi all’inchiostro di seppia, allo Young Researchers’ Forum 2025 un progetto per restauro della street art

(8 Ottobre 2025)

Roma – Dei materiali rivoluzionari che permetteranno il restauro della street art e dei murales danneggiati da atti di vandalismo, utilizzando come base di lavoro prodotti di funghi e inchiostro di osso di seppia: è il frutto della ricerca di frontiera di Francesca Ramacciotti, dottoressa di ricerca presso il dipartimento di Chimica G. Ciamician dell’Università di Bologna. La Ramacciotti presenterà i risultati suoi e dei suoi colleghi al Young Researchers’ Forum 2025, in programma il 9 e 10 ottobre presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale (DICMaPI) dell’Università degli Studi di Napoli Federico I, organizzato dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM) in collaborazione con il Gruppo Giovani della Società Chimica Italiana. “Presenterò – ha spiegato la studiosa – dei nuovi materiali per il restauro della street art composti da tessuti non tessuti ottenuti tramite l’elettrofilatura che hanno proprietà fototermiche. Gli elettrofilati fototermici in questione, quando accoppiati con solventi green, sono stati sviluppati per la rimozione di pitture insolubili da opere di street art. Per fare un esempio immaginiamo un murales realizzato su commissione che viene parzialmente coperto da una scritta realizzata con bomboletta spray. Uno degli scopi di un ipotetico restauro sarebbe quello di rimuovere la scritta e rendere di nuovo leggibile l’opera sottostante. Al forum presenterò i risultati legati alla caratterizzazione dei materiali proposti e ai test che abbiamo condotto sulla loro efficacia”. “Il punto di forza – prosegue Ramacciotti – di questi materiali è duplice: la struttura fibrosa micro e sub-micrometrica, che trattiene il solvente, e le proprietà fototermiche, che permettono di controllare l’aumento di temperatura variando l’intensità del LED con cui si illumina la superficie da trattare. Quando il LED viene spento, il materiale si raffredda in pochi secondi. Questo consente di usare meno solvente e di avere un’applicazione molto precisa. Tornando all’esempio del murales: il tessuto viene ritagliato, imbevuto della giusta quantità di solvente, applicato sulla zona da trattare e irradiato con un LED rosso (sicuro per gli occhi) per alcuni minuti. L’aumento di temperatura, insieme al solvente, permette di rigonfiare la vernice indesiderata in tempi brevi. La rimozione avviene poi con una semplice passata di tampone, senza intaccare l’opera sottostante. Un’alternativa molto meno invasiva rispetto a metodi meccanici (come sabbiatura o scalpello) o all’uso massiccio di solventi”. Il punto di forza di questi materiali sta anche, però, nell’origine green dei loro elementi di base: “E’ è un progetto sostenibile sotto molteplici aspetti – conclude Ramacciotti – in primo luogo, i materiali con cui produciamo il tessuto non tessuto sono di origine naturale (fibre a base di polisaccaride prodotto da funghi e particelle da inchiostro di seppia) e la produzione prevede come unico solvente l’acqua. I solventi che noi proponiamo sono considerati più sostenibili di quelli tradizionalmente impiegati e meno tossici sia per l’ambiente che per chi conduce le operazioni. Inoltre, questo metodo non solo riduce i tempi di lavoro e le quantità di solvente impiegate, ma riduce anche la quantità di rifiuti generata poiché abbiamo dimostrato che i tessuti possono essere riutilizzati fino a tre volte senza comprometterne le funzioni e l’integrità”. (30Science.com)

 

Gianmarco Pondrano d'Altavilla