Roma – Negli ultimi anni le analisi dei dati a singola cellula (single-cell) e a risoluzione spaziale (spatial) hanno rivoluzionato la ricerca biomedica, permettendo di osservare cosa succede in un campione biologico con dettagli mai visti prima. Tuttavia, interpretare questi dati non è semplice perché i diversi software restituiscono risultati spesso molto diversi e difficili da confrontare.
A partire dall’osservazione di questa criticità, un gruppo di ricerca dell’Università di Trento ha elaborato “Cell Marker Accordion”, uno strumento bioinformatico che rende più chiara e robusta l’identificazione dei tipi cellulari nei dati di nuova generazione. I risultati della ricerca, condotta con la collaborazione dell’Università di Yale (Stati Uniti), dell’Università di Trondheim (Norvegia), del Policlinico di Milano e dell’Istituto di Biofisica del Cnr, sono stati pubblicati su Nature Communications.
“Con Cell Marker Accordion abbiamo voluto costruire uno strumento che aiuti chi fa ricerca non solo a classificare le cellule, ma anche a capire perché sono state classificate in un certo modo”, spiega Emma Busarello, dottoranda in Scienze biomolecolari all’Università di Trento e prima autrice del lavoro. “Spesso i software danno un risultato, ma non dicono come ci sono arrivati. Noi volevamo fare qualcosa di più trasparente e utile anche per chi lavora in contesti clinici. Il nome dello strumento – “Accordion”, cioè fisarmonica – richiama proprio l’idea di armonizzare previsioni diverse per arrivare a un risultato più robusto”.
Il software è stato pensato per aiutare a identificare i tipi cellulari in campioni biologici, sia in condizioni normali, sia in presenza di malattie. Può ad esempio segnalare la presenza di cellule staminali leucemiche o plasmacellule tumorali, suggerendo anche quali geni potrebbero essere coinvolti nelle alterazioni. “Il nostro strumento non si limita a dire che tipo di cellula è presente, ma aiuta anche a scoprire quali geni la rendono unica e diversa dalle altre», aggiunge Toma Tebaldi, docente al Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata – Cibio dell’Università di Trento e corresponding author della ricerca. “Questo può aiutare a individuare nuovi biomarcatori o bersagli terapeutici”.
Uno dei punti di forza è l’accessibilità. Oltre al pacchetto software per chi ha competenze bioinformatiche, è disponibile una versione web che può essere usata facilmente anche da chi non programma, grazie a un’interfaccia intuitiva. Tra gli obiettivi futuri c’è quello di adattare lo strumento a nuovi tipi di dati e mantenerlo aggiornato nel tempo, così da garantire alla comunità scientifica uno strumento sempre affidabile. «Un software scientifico non si esaurisce con una pubblicazione», conclude Tebaldi. “Al contrario, deve essere mantenuto, continuamente migliorato e reso progressivamente più utile alle nuove scoperte. Anche questo è un servizio fondamentale alla ricerca”.
Il progetto è stato sviluppato al Dipartimento Cibio e ha coinvolto gruppi di ricerca con competenze specifiche, dai tumori cerebrali ai tumori del sangue. Tra i partner ci sono i team coordinati da Paolo Macchi, Maria Caterina Mione, Luca Tiberi dell’Università di Trento e da Gabriella Viero del Cnr. A questi si aggiungono Giulia Biancon (Policlinico di Milano), l’Università di Trondheim e Stephanie Halene, della School of Medicine di Yale. Lo studio è stato condotto con il sostegno di Airc, Ail Trento e Bolzano, Fondazione Vrt, un bando a cascata del centro nazionale per lo Sviluppo di Terapia Genica e Farmaci con Tecnologia a RNA (Pnrr) e il dipartimento di eccellenza Cibio.(30Science.com)