30Science.com

SIMLA, “Gli esperti forensi parlino ai media di metodologie e fenomeni, non dei singoli casi”.

(10 Giugno 2025)

Roma – La comunità scientifica di medicina legale, per la prima volta nella sua storia, ha deciso di confrontarsi con un giornalista del calibro di Stefano Nazzi, autore del podcast Indagini, per avviare un dialogo su scienze forensi in ambito crime e media. Un tema di grande attualità che, alla luce dell’attenzione eccessiva verso i fatti di cronaca, impone una riflessione seria da parte degli addetti ai lavori. Da questa considerazione è partito un dibattito serrato, di fronte ad oltre quattrocento esperti provenienti da tutta Europa, a conclusione del IV Congresso Inter(national) Gruppi SIMLA promosso dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, che si è svolto a Modena dal 5 al 7 giugno u.s. “Lei cosa pensa di noi?” In risposta a questa decisa domanda di apertura, posta da Franco Marozzi, vicepresidente e responsabile della comunicazione della Società italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, Stefano Nazzi ha spiegato “Penso che sono affascinato dal vostro lavoro. Uno degli aspetti più interessanti per cui racconto storie, delitti, è proprio ciò che accade dopo: le indagini, l’iter processuale, tutto ciò che riguarda il lavoro scientifico”. Tra gli interrogativi più frequenti c’è una domanda ricorrente per Nazzi, ‘Com’è possibile che sugli stessi elementi due perizie portino a conclusioni completamente opposte, mi sono chiesto? È una  domanda che si fa anche l’opinione pubblica’. È troppo semplice dire che una perizia è fatta per il PM e l’altra per la difesa. Gli elementi sono gli stessi. Com’è possibile che l’ora della morte, ad esempio, venga indicata, poi spostata di due ore, poi ancora? Noi non abbiamo gli strumenti per capire il vostro lavoro, ma ci poniamo queste domande. E spesso, da giornalisti, scriviamo di cose che non comprendiamo a fondo, senza chiedere a chi ne capisce davvero”. Su questo punto interviene chiaramente la SIMLA precisando che “l’opinione pubblica ha diritto di ricevere un’informazione corretta e adeguata, – sottolineano gli esperti della Società Scientifica – Il nostro ruolo è delicato e strategico: non possiamo intervenire pubblicamente nello specifico di un caso che stiamo seguendo come periti o consulenti, né, a maggior ragione, se ne siamo estranei. Come comunità scientifica non possiamo però
sottrarci alla possibilità di fornire informazioni sulle complesse metodologie utilizzate nel nostro lavoro per semplificare senza banalizzare”. Occorre, insomma, muovere dei passi ragionati per avvicinare due realtà diverse come scienza e giornalismo, che hanno spesso statuti, tempistiche e codici differenti. “La scienza può essere interpretata? – si chiede Nazzi – Credo che questo incontro sia importante perché i giornalisti e gli esperti forensi rappresentano due mondi che spesso non riescono a comunicare: la scienza ha giustamente un linguaggio che, a volte, per noi giornalisti è incomprensibile e che sarebbe fondamentale comprendere meglio. Oggi iniziamo a parlarci, è un inizio importante”. Tornando su alcuni spunti di attualità, parlando del caso di Garlasco, Nazzi prosegue “c’è DNA sotto le unghie della vittima. Ma è utilizzabile? Un perito dice di sì, uno di no. Ci saranno pure delle regole?”. “Quando il DNA è degradato, tutto si complica – sottolinea Susi Pelotti, Ordinaria di Medicina Legale Università di Bologna ed esperta di genetica forense – Da questa considerazione, infatti, sono nate anche in Italia le raccomandazioni sull’interpretazione dei profili genetici. Oggi non ci si chiede solo “di chi è quel DNA?”, ma come è arrivato lì. Quando ci troviamo in tribunale, il problema non è solo dire se è compatibile con una persona, ma capire il senso di quella compatibilità.” Tutto questo ci riporta a un tema centrale: i bias, i condizionamenti. Se si è consulente della difesa, è difficile che si possa essere neutrali. E così può capitare anche in una consulenza tecnica per il pubblico ministero, magari non volutamente ma per semplice posizionamento professionale. Ad esempio in ambito di psico-patologia forense, “a volte cerchiamo qualcosa che non c’è – aggiunge Isabella Merzagora, Past President della Società Italiana di Criminologia, Ordinaria di Criminologia, Istituto di Medicina Legale, Università degli Studi di Milano – E dobbiamo avere l’onestà di dire: ‘non c’è nulla di patologico’. Ma è importante ricordare che dietro ogni decisione, ogni parere, ogni interpretazione, ci sono delle persone. Ci sono stati casi in cui alla fine, davvero, non c’era nulla. E ci si è accaniti solo perché si voleva a tutti i costi trovare un colpevole. Spesso le
persone che commettono certi atti non sono “mostri”, sono persone apparentemente normali, come noi”. C’è anche un cambiamento ideologico: oggi si pone molto l’attenzione sulla vittima – giustamente – ma poco sull’impianto processuale. “Noi giornalisti abbiamo una responsabilità. – conclude Nazzi – L’informazione dovrebbe essere bilanciata. Invece, spesso, ciò che si riporta proviene da una sola parte, senza il necessario contraddittorio. I giornalisti vogliono “subito”, il bianco o nero. Ma non è possibile offrire risposte semplici. Servono sfumature, distinzioni”. Arriva nel contesto di questo incontro l’appello dei medici legali, volto ad evitare che presunte testimonianze, sulla carta stampata o in tv, di soggetti del tutto incompetenti rispetto alle gravi tematiche in gioco vengano fraintese o indirizzate dal dibattito mediatico, rischiando di oscurare una corretta informazione nei confronti del pubblico. La risposta dei medici legali muove innanzitutto dall’esigenza di considerare la complessità della prova scientifica e, in tal senso, di creare occasioni di confronto che possano aiutare a comprendere le modalità di gestione e studio del materiale forense. “Bisogna partire da tre elementi chiari – concludono i medici legali della SIMLA – in primis la complessità del nostro lavoro, che non può essere semplificato, come avviene a volte nel tritacarne mediatico, quindi prendere coscienza che non esiste la certezza della prova scientifica e poi considerare l’evoluzione costante della disciplina. La prova scientifica dovrebbe aiutare, ma deve essere trattata con metodo e cautela”. Tra i protagonisti del dialogo con Stefano Nazzi, oltre al dott. Franco Marozzi, Vicepresidente e responsabile della comunicazione SIMLA, il professore Franco Introna, presidente SIMLA e Ordinario di Medicina Legale all’Università di Bari, la dott.ssa Mirella Gherardi, Consiglio direttivo SIMLA e Medico legale AUSL Valle d’Aosta, la prof.ssa Isabella Merzagora, Past President della Società Italiana di Criminologia, Ordinaria di Criminologia, Istituto di Medicina Legale, Università degli Studi di Milano e la prof.ssa Susi Pelotti, Ordinaria di Medicina Legale Università di Bologna.(30Science.com)

30Science.com
Agenzia di stampa quotidiana specializzata su temi di scienza, ambiente, natura, salute, società, mobilità e tecnologia. Ogni giorno produciamo una rassegna stampa delle principali riviste scientifiche internazionali e quattro notiziari tematici: Scienza, Clima & Natura, Salute, Nuova Mobilità e Ricerca Italiana contatti: redazione@30science.com + 39 3492419582