Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Una statistica infondata rischia di danneggiare la difesa delle comunità indigene

(13 Settembre 2024)

Roma – Una statistica molto citata su quanta biodiversità mondiale sia sotto la tutela delle popolazioni indigene non è supportata da prove empiriche e potrebbe danneggiare la causa che dovrebbe sostenere. E’ quanto emerge da un articolo pubblicato su Nature. Negli ultimi 20 anni circa, è stata fatta un’affermazione in tutti i tipi di mezzi di comunicazione, dai report e pubblicazioni scientifiche agli articoli di giornale, secondo cui l’80 per cento della biodiversità mondiale si trova nei territori dei popoli indigeni. Coloro che usano questa cifra mirano invariabilmente a evidenziare i ruoli essenziali che i popoli indigeni hanno nella conservazione della biodiversità e sembrano averla citata nella convinzione che si basi su solide basi scientifiche. Numerosi studi dimostrano che i popoli indigeni e i loro territori sono davvero fondamentali per salvaguardare la biodiversità per le generazioni future. Ma l’affermazione secondo cui l’80 per cento della biodiversità mondiale si trova nei territori dei popoli indigeni è sbagliata, sostengono gli autori dell’articolo. L’affermazione dell’80 èer cento si basa su due presupposti: che la biodiversità possa essere divisa in unità numerabili e che queste possano essere mappate spazialmente a livello globale. Nessuna delle due imprese è possibile, nonostante gli importanti progressi nella misurazione della biodiversità. Infatti, secondo la Convenzione sulla diversità biologica, un trattato multilaterale per sviluppare strategie per la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica, che coinvolge quasi 200 paesi, la biodiversità è la “diversità all’interno delle specie, tra le specie e degli ecosistemi”. Non è qualcosa che può essere facilmente quantificato. Anche se i ricercatori ricorressero all’uso del numero di specie presenti come misura della biodiversità, un proxy limitato ma comune, ci sono ancora milioni di specie che non sono state descritte. Inoltre, c’è un dibattito sulla proporzione di taxa descritti che rappresentano specie valide e la conoscenza delle distribuzioni geografiche della maggior parte delle specie è carente o incompleta. È particolarmente probabile che manchino dati sui conteggi e le distribuzioni delle specie per le terre e i mari dei popoli indigeni. L’affermazione dell’80 per cento. sembra derivare da interpretazioni errate di dichiarazioni pubblicate in precedenza. “La nostra ricerca – spiegano gli autori dell’articolo – non ha trovato alcun riferimento all’affermazione dell’80 per cento prima del 2002. Un rapporto di quell’anno della Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, un organismo incaricato di valutare i progressi sugli impegni concordati alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo del 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, ha affermato che i popoli indigeni “nutrono l’80 per cento della biodiversità mondiale su terre e territori ancestrali” . Nei sei anni successivi, simili affermazioni non attribuite sono state fatte in altri quattro rapporti (vedere Informazioni supplementari). Tuttavia, a giudicare dalla frequenza con cui viene citato il numero, sembra che sia stato un rapporto della Banca mondiale del 2008 a contribuire maggiormente alla sua diffusa adozione nella letteratura accademica”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla