Roma – Identificati nuovi bersagli molecolari specifici che potrebbero migliorare significativamente la guarigione delle ferite acute e croniche. Lo rivela una nuova ricerca, guidata da Marta Bertolini, amministratore delegato di QIMA Monasterium Gmb, presentata oggi al Congresso 2024 dell’Accademia Europea di Dermatologia e Venereologia, EADV. I risultati rappresentano un progresso cruciale nella cura delle ferite, aprendo la strada a opzioni di trattamento più efficaci e a migliori risultati per i pazienti. A livello globale, le ferite acute e croniche colpiscono quasi un miliardo di persone. In particolare, le ferite croniche rappresentano un onere economico sostanziale per i sistemi sanitari e incidono pesantemente sulla qualità della vita delle persone colpite. Nonostante ciò, le attuali strategie di trattamento sono spesso limitate, evidenziando l’urgente necessità di una comprensione più approfondita dei meccanismi alla base della compromessa guarigione delle ferite. Per affrontare questo problema, i ricercatori hanno condotto uno studio utilizzando sezioni di pelle umana sana a tutto spessore, creando ferite centrali e parziali. Questi campioni sono stati poi coltivati in condizioni fisiologiche o patologiche, tra cui iperglicemia, stress ossidativo e ipossia, per simulare rispettivamente ferite acute e croniche. Utilizzando una profilazione trascrittomica comparativa avanzata con sequenziamento dell’RNA in massa, la squadra di ricerca ha monitorato i cambiamenti dell’espressione genica per un periodo di cinque giorni. I risultati hanno rivelato diverse differenze critiche nell’attività genica tra ferite acute e croniche. I geni chiave associati alla riparazione delle ferite, come KRT6A-C, PTX3, KRT1, KRT10, COL1A1, insieme alle vie di segnalazione Wnt e all’organizzazione del citoscheletro di actina, sono stati regolati in modo diverso tra ferite acute e croniche. Inoltre, l’espressione genica complessiva è risultata ridotta nelle ferite croniche rispetto a quelle acute, suggerendo che i geni essenziali necessari per un’efficace guarigione delle ferite sono trascritti in modo inadeguato in queste condizioni. In particolare, FGF7, un promotore chiave della proliferazione delle cellule epiteliali e della riparazione tissutale, è stato significativamente ridotto nelle ferite croniche al quinto giorno. Al contrario, la MMP10, un enzima che degrada i tessuti, è stata elevata per tutto il periodo di studio nelle ferite croniche. Per contrastare questi squilibri, i ricercatori hanno testato gli effetti della proteina FGF7 ricombinante e di un anticorpo neutralizzante la MMP10, α-MMP10, sulle ferite acute e croniche nei modelli di ferita ex vivo. La somministrazione topica di α-MMP10 ha portato a un aumento significativo della lunghezza della lingua della ferita, indicando un miglioramento della guarigione nelle ferite acute. Al contrario, FGF7 non ha mostrato un effetto significativo da solo. L’applicazione combinata di FGF7 e α-MMP10, tuttavia, ha migliorato significativamente la riepitelizzazione in entrambi i tipi di ferite. “Anche se dobbiamo essere cauti quando parliamo di effetti sinergici, i nostri dati preliminari rivelano che la terapia combinatoria può essere una valida opzione per il trattamento delle ferite croniche”, ha detto Bertolini, autrice principale dello studio. “Riteniamo che la somministrazione di un eccesso di FGF7 promuova la proliferazione e la mobilitazione dei cheratinociti epidermici, che sono fondamentali per la guarigione delle ferite”, ha continuato Bertolini. “Allo stesso tempo, la neutralizzazione della MMP10 rimuove una barriera al movimento dei cheratinociti, accelerando potenzialmente la riepitelizzazione”, ha proseguito Bertolini. Lo studio ha anche identificato l’osteopontina, SPP1, come un gene significativamente upregolato nei giorni 3 e 5 nelle ferite acute rispetto a quelle croniche. Per sfruttare questa scoperta, i ricercatori hanno somministrato FOL005, un peptide derivato dall’osteopontina, a ferite indotte sperimentalmente ex vivo. Il trattamento con FOL005 ha migliorato significativamente la riepitelizzazione della pelle sia in condizioni fisiologiche che patologiche, evidenziando il suo potenziale come opzione terapeutica efficace per la gestione delle ferite acute e croniche. “Riteniamo che questi risultati segnino un significativo passo avanti nella comprensione della complessa biologia della guarigione delle ferite”, ha evidenziato Bertolini. “I nostri dati risultati saranno presto accessibili e ci auguriamo che ciò possa ispirare altri ricercatori e l’industria a identificare ulteriori bersagli promettenti che potrebbero offrire il tanto necessario sollievo ai pazienti affetti da queste ferite impegnative e spesso debilitanti”, ha concluso Bertolini. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Scoperti nuovi bersagli per la guarigione delle ferite
(26 Settembre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.