Roma – Attualmente non esistono test oggettivi per diagnosticare con precisione le manifestazioni post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2 (PASC), comunemente note come Covid lungo. A questa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine, condotto dagli scienziati dei National Institutes of Health. Il team, guidato da Kristine M. Erlandson, ha esaminato i dati raccolti nell’ambito dell’indagine RECOVER (Researching COVID to Enhance Recovery), che ha coinvolto oltre 10mila pazienti adulti per valutare i marcatori clinici dell’infezione acuta e post-acuta di Covid-19. I ricercatori hanno confrontato le risposte al questionario e i risultati di laboratorio clinici di routine per determinare se SARS-CoV-2 portasse ad anomalie persistenti, indipendentemente dalla presenza di sintomi. Gli scienziati hanno scoperto che nessuno dei 25 valori poteva rappresentare un biomarcatore clinicamente efficace per il long Covid. Il gruppo di ricerca ha però trovato prove a sostegno dell’idea che l’agente patogeno possa contribuire al rischio di diabete. I soggetti che avevano contratto l’infezione avevano infatti un rapporto albumina/creatinina nelle urine più elevato, un marcatore di malattia renale precoce che è stato associato a malattie cardiovascolari in altre popolazioni. L’analisi ha suggerito che molti dei sintomi PASC a lungo termine sono dovuti a un’infiammazione in corso, piuttosto che all’invasione virale dell’area interessata. In un editoriale di accompagnamento, un team della Johns Hopkins University sottolinea che alcune delle più grandi sfide irrisolte della pandemia riguardano la comprensione, la diagnosi e il trattamento del Covid lungo. Studi osservazionali ampi e differenziati come RECOVER, concludono gli studiosi, offrono un’opportunità importante per analizzare la malattia cronica associata ad alcuni dei sintomi a lungo termine dell’infezione.(30Science.com)
Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).