Roma – Il trasferimento di geni specifici da organismi semplici in grado di rigenerare il proprio corpo in comuni moscerini della frutta, animali più complessi che non possono farlo si è dimostrato efficace nell’eliminare un problema intestinale legato all’età. Lo studio, condotto da una squadra internazionale di ricercatori, tra cui quelli della Graduate School of Pharmaceutical Sciences dell’Università di Tokyo, riportato su BMC Biology, suggerisce che l’implementazione di geni specifici degli animali con un’elevata capacità di rigenerazione in altri può portare alla scoperta di nuovi meccanismi per ringiovanire la funzione delle cellule staminali e prolungare la durata della vita di organismi non imparentati. Gran parte della ricerca medica quando si tratta di longevità si concentra sullo studio di meccanismi e soluzioni per assicurare una vita lunga e in salute.
L’idea di potenziare il corpo umano in modo che possa rigenerarsi in caso di ferite, malattie o quando l’invecchiamento comincia a farsi sentire, un po’ come il supereroe Wolverine della popolare serie di fumetti e film X-Men, potrebbe sembrare fantascientifica e gli scienziati non sono ancora vicini a questo stadio, ma i risultati del nuovo studio compiono un notevole passo in avanti nel mondo della medicina rigenerativa, anche se per ora le cavie sono solo moscerini della frutta. “Negli animali capaci di rigenerare l’intero corpo, come i vermi piatti e le meduse, geni specifici possono aiutare a consentire la rigenerazione e a mantenere le funzioni delle cellule staminali a lungo termine; al contrario, i mammiferi e gli insetti, che hanno capacità rigenerative limitate, potrebbero aver perso questi geni durante l’evoluzione”, ha dichiarato Yuichiro Nakajima, della Graduate School of Pharmaceutical Sciences, The University of Tokyo. “Non è chiaro se la reintroduzione di questi geni associati alla rigenerazione in animali poco rigenerativi possa influenzare i loro processi di rigenerazione e invecchiamento”, ha continuato Nakajima.
“Nel nostro recente studio, ci siamo concentrati sul gruppo di geni unici degli animali con elevata capacità rigenerativa, denominati geni codificanti il dominio JmjC altamente rigenerativi specie-specifici (HRJDs), e li abbiamo trasferiti nel moscerino della frutta Drosophila melanogaster, per testarne gli effetti”, ha spiegato Nakajima. La squadra di ricerca di Nakajima sperava che i moscerini della frutta potenziati rigenerassero i tessuti in caso di ferite, cosa che non è avvenuta. Tuttavia, Hiroki Nagai, esperto di intestino di moscerini, ha notato qualcos’altro. “Nagai ha scoperto alcuni nuovi fenotipi, caratteristiche che si manifestano a partire dai geni in un determinato insieme di condizioni”, ha raccontato Nakajima. “Le HRJD hanno promosso una maggiore divisione delle cellule staminali intestinali, sopprimendo al contempo le cellule intestinali che si stavano differenziando in modo errato o che andavano in tilt nelle mosche invecchiate”, ha proseguito Nakajima. “Ciò è in contrasto con l’uso di antibiotici, ad esempio, che potrebbero sopprimere le cellule intestinali mal differenziate, ma anche la divisione delle cellule staminali intestinali”, ha precisato Nakajima. “Per questo motivo, le HRJD hanno avuto un effetto misurabile sulla durata della vita dei moscerini della frutta, il che apre la porta, o almeno fornisce indizi, per lo sviluppo di nuove strategie anti-invecchiamento”, ha sottolineato Nakajima. “Dopo tutto, l’intestino umano e quello degli insetti hanno sorprendentemente molto in comune a livello cellulare”, ha detto Nakajima. La scoperta non è stata tuttavia priva di difficoltà. Sebbene i moscerini della frutta siano famosi come cavie per la ricerca biologica, data la loro vita relativamente breve e i rapidi tassi di riproduzione e maturazione, il loro processo di invecchiamento richiede ancora circa due mesi, il che ha influito sui programmi sperimentali del gruppo di scienziati di Nakajima, che era anche impegnato in altre attività. Ora hanno raggiunto una conclusione sorprendente, ma c’è ancora molto lavoro da fare. “I dettagli del funzionamento molecolare delle HRJD sono ancora irrisolti”, ha spiegato Nakajima. “E – ha aggiunto Nakajima – non è chiaro se funzionino da sole o in combinazione con qualche altro componente”. “Pertanto, questo è solo l’inizio del viaggio, ma ora sappiamo che i nostri moscerini della frutta modificati possono servire come una risorsa preziosa per scoprire meccanismi inediti di ringiovanimento delle cellule staminali in futuro”, ha osservato Nakajima. “Negli esseri umani, le cellule staminali intestinali diminuiscono di attività con l’età; quindi, questa ricerca è una strada promettente per le terapie basate sulle cellule staminali”, ha concluso Nakajima.(30Science.com)