Roma – Dopo la sentenza Dobbs, che ha sancito il ritorno della competenza a legiferare in materia di aborto agli Stati federati, molti dei quali avevano già leggi che abolivano l’aborto, sono state riscontrate condizioni di ansia e disagio morale diffuse fra i medici che praticano l’aborto negli Stati Uniti. A rilevare tale fenomeno uno studio guidato dall’Università di Chicago, pubblicato su JAMA Network Open. Il 24 giugno scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti, con decisione assunta a maggioranza di 6 su 3, nel caso Dobbs contro Jackson Women’s Health Organization, ha stabilito che la Costituzione degli Stati Uniti non impedisce ai cittadini di ciascuno Stato di regolare o vietare l’aborto, fenomeno che presenta profonde implicazioni etiche e morali. La sentenza ha così superato i suoi precedenti giurisprudenziali che avevano, invece, riconosciuto nel quadro dei principi e dei diritti costituzionali l’affermazione del diritto all’aborto, definendone una portata costituzionale nonostante esso non sia presente all’interno del testo. Lo studio, basato su un’indagine nazionale, ha rilevato che i medici che praticano l’aborto sperimentano stati di angoscia morale elevati, che è più del doppio tra quelli che esercitano in Stati che limitano l’aborto, rispetto a quelli che operano in Stati che lo proteggono. Nello specifico, la sentenza Roe vs Wade emanata il 22 gennaio 1973. Jane Roe, nome di fantasia scelto ai fini processuali per tutelare la privacy della donna, chiedeva di poter abortire il terzo figlio avuto da un marito violento. Wade è l’avvocato che rappresentò lo Stato del Texas che vi si opponeva nel processo del 1970. La sentenza si fondò sul quattordicesimo emendamento della Costituzione, secondo la cui interpretazione esiste un diritto alla privacy inteso come diritto alla libera scelta di ciò che riguarda la dimensione più intima dell’individuo. La Corte Suprema riconosceva nel 1973 il diritto all’aborto in una visione di limitazione dell’ingerenza statale. Tuttavia, il diritto ad abortire della donna, in questa sentenza, non è definito assoluto poiché lo Stato avrebbe il dovere di intervenire in alcune circostanze come, ad esempio, il tempo di gestazione. Con questa sentenza è stato stabilito che l’aborto è possibile per qualsiasi ragione la donna lo voglia fino al punto in cui il feto diventa in grado di sopravvivere fuori dall’utero materno, anche con l’ausilio di un supporto artificiale. La corte stabilì dunque che le leggi del Texas che rendono un crimine abortire violano questo diritto. Veniva per la prima volta sancito che per ricorrere all’aborto bastava la libera scelta della donna, anche in assenza di problemi di salute della madre e del feto e in assenza di ogni altra qualsiasi circostanza. Lo scorso 24 giugno 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti, con la sentenza Dobbs contro l’Organizzazione per la Salute delle Donne di Jackson, ha ribaltato ed annullato la sentenza Roe contro Wade del 1973 e la Planned Parenthood contro Casey del 1992, rimuovendo dalla Costituzione americana il diritto all’aborto e rendendolo di fatto illegale. La legge sull’aborto, che lo rendeva legale a livello federale negli ultimi cinquant’anni anni, è ora incostituzionale. La competenza a legiferare in materia di aborto è tornata ai singoli Stati federati. Ora è possibile abortire soltanto in quegli Stati il cui Codice penale lo permette. I risultati dello studio suggeriscono che per combattere il disagio morale diffuso fra i medici che esercitano l’aborto sono necessari cambiamenti strutturali che affrontino i divieti relativi all’assistenza sanitaria, come le protezioni federali per l’aborto, a livello istituzionale, statale e federale.(30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Ansia morale fra i medici che praticano l’aborto dopo la legge Dobbs
(2 Agosto 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.