Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Nel 1977 una compagnia petrolifera predisse carestie legate a clima

(19 Luglio 2024)

Roma – Il predecessore aziendale della più grande raffineria di petrolio americana, Marathon Petroleum, spiegò in un periodico aziendale riportato dal “Guardian” quasi 50 anni fa che l’aumento della temperatura globale potenzialmente legato all’“espansione industriale” avrebbe potuto un giorno causare “carestia diffusa e altre calamità sociali ed economiche”. Questa descrizione del crollo climatico risalente a decenni fa è tratta da un numero del 1977 della rivista Marathon World ed è attribuita nell’articolo da un autore anonimo a diversi esperti, tra cui uno scienziato che lavorava per una delle principali agenzie statunitensi. “Sebbene i climatologi non siano d’accordo sulle ragioni sottostanti, molti vedono un futuro climatico di maggiore variabilità, che porterà con sé aree di estrema siccità”, affermava la rivista, pubblicata dalla Marathon Oil Company, che in seguito si è divisa in Marathon Petroleum e nella società di esplorazione e produzione Marathon Oil. Marathon Petroleum è tra le numerose compagnie petrolifere e del gas, tra cui Exxon, Shell e BP, attualmente citate in giudizio dalla città di Honolulu per aver intrapreso – secondo le accuse – uno sforzo di comunicazione coordinato “per nascondere e negare la propria conoscenza” degli impatti climatici catastrofici causati dalla combustione dei loro prodotti. La causa sostiene che Marathon era a conoscenza dei pericoli dell’aumento della temperatura globale molto prima del grande pubblico, in quanto membro dell’American Petroleum Institute, che ha iniziato a studiare il legame tra combustibili fossili e riscaldamento globale decenni fa. Questo articolo appena pubblicato dimostrerebbe che l’azienda stava intraprendendo sforzi per restare aggiornata sulle ultime scoperte scientifiche in campo climatico e sulle minacce che un clima più instabile avrebbe potuto rappresentare per l’umanità. Intitolato “World Weather Watch”, l’articolo riassumeva il dibattito di settore, citando J Murray Mitchell della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), uno scienziato del governo federale degli Stati Uniti che negli anni ’70 aveva lanciato l’allarme: le emissioni industriali di anidride carbonica avrebbero potuto sciogliere le calotte polari e rappresentare una minaccia per la civiltà umana. “Il clima non migliorerà, solo peggiorerà. Nel lungo periodo, dovremo prepararci alla prospettiva di molti raccolti scarsi”, affermava Mitchell nell’articolo. Marathon World citava una ricerca di Mitchell e di altri scienziati del clima che mostrava che “l’espansione industriale durante l’ultimo secolo potrebbe influenzare il clima attraverso l’inquinamento da anidride carbonica”. L’articolo della rivista suggeriva potenziali implicazioni per l’azienda derivanti da un clima più estremo. Sebbene non sia chiaro quanto ampiamente l’articolo sia stato visto all’interno dell’azienda, cita figure senior della Marathon Oil, tra cui l’allora vicepresidente per la pianificazione aziendale e assistente del presidente James H Brannigan, che affermava che l’industria petrolifera utilizzava tecniche di previsione meteorologica per prevedere la domanda di carburante da parte dei consumatori. Citava anche George M. Susich, un coordinatore internazionale di trivellazioni presso Marathon, che parlava dell’esposizione dell’azienda alle condizioni meteorologiche pericolose nel Mar Celtico, dicendo “si diventa sensibili alle condizioni meteorologiche imminenti e si prendono misure precauzionali prima che arrivi una tempesta”. Nessuna delle due persone faceva riferimento direttamente all’aumento della temperatura globale nell’articolo, che aveva un sottotitolo che diceva “i detective del clima trovano indizi intriganti ma il meteo rimane un mistero”. “Qualunque sia la ragione dei cambiamenti climatici, l’impatto economico può essere enorme”, affermava l’articolo di Marathon World. Faceva riferimento a ricerche scientifiche che suggerivano che “i modelli di circolazione dell’atmosfera sono cambiati, tenendo i monsoni estivi lontani da regioni come il Sahel in Africa, attualmente un’area che soffre di estrema siccità”. Dati questi enormi rischi, spiegava il periodico aziendale, “molti climatologi ritengono che sia indispensabile applicare l’attuale tecnologia scientifica affinché le previsioni sull’ambiente mutevole della Terra possano prevenire carestie diffuse e altre calamità sociali ed economiche”. (30science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla